In questo articolo parliamo di:
Cosa prevede la convenzione di Istanbul:
La convenzione riconosce la violenza sulle donne come una violazione dei diritti umani ed è importante sottolineare che lo scopo del trattato è anche quello di lavorare sui cambiamenti promuovendo i comportamenti socioculturali delle donne e degli uomini, dando importanza all’educazione di genere con la formazione degli insegnanti e cercando di dare il giusto peso al linguaggio del corpo della donna.
Ma cosa dice esattamente questo trattato e quali punti affronta nello specifico? La Convenzione di Istanbul è composta da ottantuno articoli divisi in varie sezioni e ha come obiettivi quelli di:
- proteggere la donna da ogni forma di abuso e prevenire, perseguire ed eliminare ogni tipo di violenza, a partire da quella domestica;
- contribuire all’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne, promuovendo la parità fra i sessi, e rafforzando sia l’autonomia che l’autodeterminazione delle stesse.
- proporre politiche e misure per proteggere tutte le donne vittime di abusi;
- promuovere la cooperazione internazionale tra le varie nazioni, al fine di bandire ogni forma di violenza;
- sostenere e assistere le strutture e organizzazioni no profit che si occupano di accogliere le donne vittime di abusi e i loro figli, come le varie Case delle Donne, dando loro un tetto e assistenza anche legale. A tal proposito, proprio per garantire ciò, la convenzione propone di istituire in tutti i paesi firmatari uno specifico meccanismo di controllo su queste organizzazioni e sui fondi da destinare ad ognuna di queste Case famiglia.
Eliminare discriminazioni e pregiudizi:
Particolare attenzione è anche dedicata ai mezzi di comunicazione, che pubblicizzano il corpo della donna senza più nessun pudore, come affermato poche settimane fa dalla presidente della Camera Laura Boldrini che ha parlato di “necessità di porre limiti all’utilizzo del corpo delle donne nella pubblicità”.
La convenzione inoltre, punisce gli stati aderenti e chiama al risarcimento dei danni per tutti quei comportamenti come lo stalking, lo stupro, il matrimonio forzato, le mutilazioni genitali femminili, l’aborto e la sterilizzazione forzata. Un punto fondamentale è quello relativo alla volontà di provare una volta per tutte ad eliminare discriminazioni e pregiudizi, quindi cercare di raggiungere l’uguaglianza tra uomini e donne.
Possiamo sostenere che l’Italia per una volta è all’avanguardia per ciò che concerne i diritti delle donne come anche affermato dal ministro degli Esteri Emma Bonino. La violenza contro le donne è indubbiamente un fenomeno sociale molto diffuso: nel suo ultimo rapporto, l’Istat dichiara che 6 milioni e 743 mila donne tra i 16 e i 70 anni in Italia sono state vittima di violenza o molestie: vale a dire circa il 31% della popolazione femminile. Nonostante i dati siano allarmanti il sostegno fornito dallo Stato alle donne vittime di violenza ed ai centri che a tali donne si sforzano di andare incontro è stato notevolmente insufficiente.
Legge italiana in materia di violenza sulle donne:
Così come insufficiente è l’attenzione dedicata al femminicidio ed alla violenza di genere da parte dei media: i giornali spesso non riportano tutte le notizie di donne uccise dando risalto soltanto ai casi che destano più scalpore. Prima della firma a Istanbul, in Italia esistevano già alcune norme dedicate solo ed esclusivamente alla donna vittima di abusi sia in ambito domestico che non, ma il più delle volte restavano lettera morta senza essere applicate.
L’attuale legge italiana contro la violenza sulle donne trova riscontri essenzialmente in tre leggi: la Legge n° 66 del 1996: “Norme contro la violenza sessuale”; la Legge n° 154 del 2001: “Misure contro la violenza nelle relazioni familiari”; la Legge n° 38 del 2009: “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori” ovvero Legge Stalking.
La Convenzione di Istanbul appena ratificata dall’Italia potrà entrare in vigore il primo giorno del mese successivo la data in cui dieci paesi firmatari abbiano dato il loro consenso alla ratifica e quindi ad essere vincolati dai suddetti principi. È lecito sperare che questo ultimo passaggio avvenga in un lasso di tempo non eccessivamente lungo.