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Una mattina alla mensa della Caritas di Roma

Navigando tra le pieghe della società ed esplorandone accuratamente tutti i suoi possibili aspetti si possono toccare con mano realtà e problematiche che stentano a trovare la giusta collocazione pur essendo di pubblico dominio. Situazioni note e dibattute ma che faccia a faccia hanno tutto un altro aspetto e ti fissano con occhi profondi che lasciano il segno.
Quello della povertà e del suo espandersi a fasce di popolazione sempre più ampie è un tema che abbiamo già avuto modo di affrontare dalle pagine di questo giornale mettendo in risalto quanto il fenomeno sia concreto e tangibile.
Proseguendo nella nostra indagine ci siamo recati di persona in una mensa della Caritas di Roma, quella di Primavalle nella periferia nord della città, per conoscere da vicino questo mondo ed i suoi frequentatori e descriverne le difficoltà; un mondo parallelo che vive nella speranza dell’attesa, spoglio di ogni apparenza e concentrato sull’ immediato.

La mensa della Caritas di Primavalle:

Arriviamo alla mensa della Caritas di Primavalle verso le 11 di mattina, manca ancora molto al pranzo ma c’è già molta gente che aspetta; sono quasi tutti italiani, alcuni di mezza età, molti più avanti con gli anni. Ci avviciniamo a loro per ascoltaren le storie.
La prima persona che incontriamo di fronte all’ ingresso della mensa è un uomo dall’aspetto alquanto stralunato, essenziale nelle movenze ed abbastanza trasandato; si capisce che dimostra più degli anni che effettivamente ha. Gli chiediamo se ha problemi a farsi intervistare e ci risponde con tono orgoglioso “assolutamente no, non ho alcun problema a parlare della mia situazione. Mi chiamo Giulio ho 44 anni e da circa un anno frequento questa mensa della Caritas. Ci vengo tutti i giorni, ormai qui ci conosciamo tutti anche se ultimamente vedo che sta iniziando a venire gente nuova. Più o meno a pranzo siamo sui cento / centoventi in totale, ma dipende anche dai giorni.”

Storie di chi non ha un posto dove mangiare

Con voce flemmatica inizia a raccontarci la sua storia, palesando un certo distacco quasi difficile da credere: “Perché sono finito qui alla mensa Caritas? Ho avuto prima problemi di abitazione, mi hanno letteralmente buttato fuori di casa cambiandomi la serratura. Adesso le notti le sto trascorrendo a Fiumicino dentro l’aeroporto, ma stanno per chiudere pure lì; durante la notte c’è troppa gente, soprattutto zingari che infastidiscono le persone. Ma io sto li solo per dormire, non ho mai dato fastidio a nessuno.”
Gli chiediamo della sua situazione lavorativa, anche passata; “Sono disoccupato, non si trova lavoro, poi ormai inizio ad avere una certa età. Prima lavoravo, certo,  però sempre roba da poco, per 2 o 3 mesi al massimo, mai fisso. In questa situazione di disagio la presenza dello Stato non è per niente adeguata; ti possono aiutare ogni tanto passandoti qualche biglietto da cento euro, tutto qui. Ma la questione è che non si vede assolutamente una strada che conduca verso il meglio, si va solo e sempre verso il peggio. Allora ecco che cerchi di seguire una terapia, quella che ti hanno assegnato con l’assistenza sociale, prendi i calmanti perche sei nervoso, antidepressivi, vai dallo psicologo per questi problemi, vieni a mangiare qui alla mensa Caritas; anni ed anni senza che la situazione migliori.”
Prima di salutarlo gli chiediamo se nella vita è solo o se ha qualcuno vicino; la risposta è un tanto esplicativo quanto crudo “No, per fortuna sono solo. Altrimenti mi sarei già ammazzato.”

Chi sono i frequentatori della mensa Caritas?

Lasciamo il nostro interlocutore e ci avviciniamo ad un gruppetto di persone impegnate in un fitto conciliabolo. Entriamo nel cerchio e veniamo subito additati da una signora piuttosto agitata: “Che ci venite a fare voi giornalisti da queste parti? Tanto è una situazione che va avanti da più di 50 anni e non si è mai fatto niente.”
Le facciamo notare che siamo lì solo per rendere nota la situazione, per raccontarla a chi non ne è a conoscenza. “E’ inutile parlare di questa nostra situazione e raccontarla. Non si deve parlare, si deve fare!” Raccogliamo l’appunto e proseguiamo a parlare con lei mantenendo ora toni più pacati: “Ci diano un po’ di dignità, solo questo vogliamo, non emarginazione. Viviamo in un paese in cui la ricchezza è distribuita male, c’è troppa disuguaglianza. Ci sono pochi ricchi e moltissimi poveri. Poi sento sempre parlare di sociale..ma dov’è questo sociale? Noi non lo vediamo di certo.”
Anche a lei rivolgiamo la domanda sul suo stato di lavoro, la risposta è la medesima: “al momento sono inoccupata, pur avendo molte referenze. Da pochi giorni sono in prova da una parte, ma è dura. Sono stata giù di morale per parecchio tempo, sto facendo uno sforzo enorme per rialzarmi. Ecco il motivo per il quale in Italia la depressione aumenta, perchè non ti danno modo di tirar fuori le tue potenzialità.”

Dormire in un centro di accoglienza

Riflessione amara, sputata a denti stretti a corredo di un fiume in piena di confidenze che sembra non aver mai fine: “Anche io non ho più una casa, al momento dormo in un centro di accoglienza ed usufruisco di questo servizio mensa Caritas di Roma da diversi mesi. Inoltre frequento anche il servizio di assistenza sociale, che è obbligatorio per chi intraprende questo percorso di sostegno.”
Prosegue il suo discorso mentre controlla il numeretto che ha tra le mani per non perdere il proprio turno di ingresso alla mensa: “Qui ci danno ben 2 numeretti, facciamo due volte la fila per evitare che succedano litigi tra di noi. La gente che frequenta questo posto è varia; come vede siamo quasi tutti italiani e tutti bisognosi più o meno allo stesso modo. Certo, c’è anche chi è un po’ più fortunato e magari ha un tetto dove dormire, ma anche in quel caso si tratta di gente anziana che percepisce una pensione molto bassa e non ha i soldi sufficienti per poter anche mangiare e così viene alla mensa Caritas.”

“Vengo tutti i giorni alla Caritas”:

Chiamano il suo numero, ci saluta e così ne approfittiamo per avvicinare un signore di mezza età, dall’aspetto piuttosto discreto, che sembra avere una storia interessante da raccontare.
“Ho avuto una vita molto movimentata negli ultimi anni, sono uno degli ultimi che è riuscito a vincere una causa di lavoro molto importante con una multinazionale, per cui sto qui aspettando che la giustizia, i cui tempi sono notoriamente lunghi, faccia il suo corso. Adesso mi tocca soltanto attendere, al momento sono inoccupato anche perche, pur volendo, a 50 anni e con l’ esperienza che ho non accetto di andare a lavorare per 20 o 30 euro.
Il mio attuale stato di povertà mi ha portato a perdere pure casa. Finche mi sono potuto appoggiare a mia madre l’ ho fatto, anche andando al di là di quello che mi poteva dare perche a 50 anni uno dovrebbe essere autonomo. Dormo in una casa di accoglienza adesso, sono solo, ho perso mia moglie qualche anno fa. Vengo qui alla mensa Caritas tutti i giorni, da diverso tempo,e devo dire che lo faccio in maniera molto serena; inoltre ho anche il sostegno di assistenza sociale e psicologi, prendo medicine. Ho fatto molte cose nella vita, ho anche un diploma di conservatorio; ma oggi sono soltanto molto frustrato e stanco.”

L’apertura della mensa della Caritas:

Finiamo la conversazione proprio nello stesso attimo in cui è dato l’avviso che la mensa sta per aprire; esce fuori un responsabile della Caritas e comunica il menu della giornata, che francamente non sembra essere poi così male. La gente si avvicina all’ingresso e si accalca a ridosso della porta aspettando di poter entrare; in prima fila, una signora molto anziana che combatte per far valere la suo pur esile stazza.
Tutti sembrano conoscerla, la chiamano per nome la salutano lei accenna un sorriso non troppo convinto condito da qualche imprecazione; volge poi lo sguardo verso di noi ed esclama: “Come ci siamo ridotti….!” Alza quindi gli occhi verso il cielo cercando un qualche conforto dall’alto per poi affermare nuovamente: “come ci siamo ridotti. Non vedo l’ ora di andarmene lassù…”

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Scritto da

Giornalista indipendente, web writer, fondatore e direttore del giornale online La Vera Cronaca e del progetto Professione Scrittura

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