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Il concetto di turismo esperienziale
Qualcuno va ad inquadrare tutto questo concetto nel termine di turismo esperienziale: un’idea che, come il nome stesso suggerisce, unisce al suo interno il momento del viaggio con un’esperienza da compiere che crei un valore aggiunto ed arricchisca l’individuo.
Non più, come si diceva, un viaggio fine a se stesso, bensì una nuova frontiera del partire che, secondo molti, rappresenterà di qui in avanti un segmento importante nel mondo del turismo che da sempre è uno dei settori strategici per l’economia italiana. Visitare un luogo e viverlo a tutto tondo, questo il significato di turismo esperienziale; raccogliere le testimonianze storiche, entrare a contatto con le realtà locali, sperimentare un qualcosa di particolare come una visita ad una fabbrica locale; assistere alla spremitura dell’uva per fare il vino; visionare da vicino il processo produttivo di una bottega storica che lavora il cuoio, la pelle o qualsiasi altra cosa si voglia.
Entrare a pieno nel tessuto di un territorio passando anche da quelle che sono le sue eccellenze produttive, gastronomiche o di qualsiasi altro comparto. Non ultimo, imparare qualcosa: crescono le richieste per viaggi che prevedano stage di cucina locale ad esempio. Un modo intelligente per abbinare il piacere ad un qualcosa di concreto, che resti a lungo. Questa l’essenza del turismo esperienziale.
Nuove esperienze di viaggio
Un’idea che parte da lontano e che trova il suo humus ideale nel cambiamento filosofico e di concetto legato all’idea di viaggio. Da qualche anno ad esempio si opta per tipologie differenti di turismo, quelle che prevedono il ricorso all’online ed il cosiddetto home sharing: Airbnb, per portare l’esempio più classico.
Una crescita del settore che poggia sicuramente su basi economiche (spesso si risparmia rispetto al tradizionale hotel) e di concetto (viaggiare in questo modo implica un entrare più in contatto con le singole realtà del luogo). Il tutto a testimonianza del fatto che quello che si ricerca è sempre più un nuovo modo di viaggiare, un’idea differente che sia maggiormente inclusiva e che sia in grado di far entrare l’utente a stretto contatto con usanze e tradizioni locali. Questo turismo cosiddetto home sharing, tanto per fornire un dato, nel 2017 è cresciuto del +37%; e sempre per restare sui numeri, quando si parla di motivazioni che spingono a scegliere una meta turistica piuttosto che un’altra per il 74% degli utenti a fare al differenza è il recarsi in un posto sconosciuto, mai visto prima; per il 67% ciò che conta è tornare dal viaggio avendo imparato qualcosa di nuovo. E qui si torna all’idea di turismo esperienziale, che mette il turista a contato con esperienze in grado di insegnarli qualcosa. Un po’ quello che si era cercato di fare in passato con altre idee come quella dell’albergo diffuso, dove il viaggiatore era posto in contatto diretto con la storia di un luogo vivendolo da vicino e carpendone tutti i segreti.
Non si parte dal luogo, ma dall’esperienza che si vuol fare
Come si esplica concretamente tutto questo in riferimento all’offerta turistica attuale? Con un punto di vista totalmente ribaltato: non è più l’utente che parte da un luogo che vuole visitare (es: ho sempre sognato di visitare Parigi). Ma a dettare il cammino è l’esperienza che si vuole fare (es: il mio sogno è sempre stato quello di scoprire come si prepara la vera pizza napoletana).
Una visione totalmente ribaltata nella quale ad assumere un valore fondamentale è ciò che si vuole fare. Il che crea in modo inevitabile, come facilmente intuibile, una marea di potenziali attrattive turistiche vista anche la conformazione territoriale del nostro paese, da sempre riconosciuto a livello mondiale per la sua eterogeneità e per contenere al proprio interno realtà profondamente diverse tra di loro ma tutte di enorme interesse storico, artistico, culturale, folkloristico, enogastronomico. Come dire, in nessun paese come in Italia il turismo esperienziale può sperare di attecchire.