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Referendum, il quarto quesito: il legittimo impedimento

“Volete voi che siano abrogati l’articolo 1, commi 1, 2, 3, 5, 6 nonché l’articolo 1 della legge 7 aprile 2010 numero 51 recante disposizioni in materia di impedimento a comparire in udienza?”
E’ questo uno dei quattro quesiti a cui oltre 47 milioni e 300 mila elettori sono chiamati ad esprimersi alle urne per il referendum di domenica e lunedì prossimi, 12 e 13 giugno. Si tratta del quarto quesito, scheda di colore verde, che come abbiamo anticipato è quello più strettamente politico.
La domanda che, qualcuno direbbe, sorge spontanea a molti è: che cos’è il legittimo impedimento? In poche parole, si intende l’assenza giustificata ai processi. Precisiamo che nel codice penale, il legittimo impedimento esiste già, e riguarda ogni cittadino che ha il diritto a far spostare un’udienza di un processo che lo riguarda se ha un impedimento che però, dice la legge, deve essere “effettivo e assoluto” (ad esempio un motivo di salute).

Il legittimo impedimento:

Nel caso di un imputato che sia anche presidente del Consiglio, era intervenuta una legge che aveva esteso i casi in cui il premier poteva chiedere di non presenziare al dibattimento e quindi, implicitamente, di rinviare. Tale rinvio non influisce sul corso della prescrizione del reato.
Si consentiva al premier e ai ministri di ottenere un rinvio del processo facendo certificare dalla Presidenza del Consiglio o dai rispettivi Ministeri l’impegno in particolari attività istituzionali. In sostanza, la valutazione della legittimità dell’impedimento era lasciata di fatto all’imputato stesso e non rimessa alla decisione del giudice.
Questa parte è stata modificata da una sentenza della Corte Costituzionale che ha dato al giudice il potere di valutare il legittimo impedimento addotto dalla parte e di scegliere se rinviare o meno l’udienza. Al tempo stesso però, viene confermata la definizione di legittimo impedimento per “il concomitante esercizio di una o più delle attribuzioni previste da leggi o da regolamenti”.
Il quesito, che è stato proposto dall’Italia dei Valori, propone di abrogare il resto della legge. Si chiede dunque di votare SI se si è favorevoli a far cadere il privilegio o la possibilità (dipende dai punti di vista) ad assentarsi e quindi a rinviare le udienze per il presidente del Consiglio e per i ministri nei processi che li riguardano. Votando NO si mantiene la legislazione attuale.

Le ragioni del si e quelle del no:

Tra chi sostiene le ragioni del NO c’è il capogruppo del PdL in commissione Giustizia alla Camera e relatore del  testo sul legittimo impedimento Costa che spiega: “La legge sul legittimo impedimento ha l’obiettivo di evitare i conflitti tra due poteri dello Stato: esecutivo e giudiziario”. La problematica che pone Costa è questa: “Cosa accade qualora il giorno fissato per l’udienza il presidente del Consiglio o il ministro siano chiamati a svolgere attività di governo?”. O sacrificano il proprio diritto alla  difesa o rinunciano a svolgere un adempimento del loro mandato.
Per chi sostiene il NO, si tratterebbe di un conflitto volto a determinare uno squilibrio tra i poteri  dello Stato, soprattutto se si consentisse al giudice di sindacare discrezionalmente la legittimità o meno dell’ adempimento.
Tra chi sostiene le ragioni del SI c’è ovviamente l’Italia dei Valori che nonostante il passo avanti fatto con la sentenza della Corte costituzionale, vede una scappatoia nella dicitura: “C’è solo la raccomandazione di una leale collaborazione tra poteri nello stabilire eventuali altre date”. Ora l’IdV sottolinea: “In questa situazione con una legge palesemente ad personam, non  si può ipotizzare che ci sia una leale collaborazione con la magistratura”.
In sostanza, per chi sostiene il SI, si promuove il diritto e il dovere di difendersi, non quello di esimersi dal giudizio della legge.

Pubblicato in Focus

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Giornalista professionista in radio e sul web. "E' un mestiere, ma non come tanti; è un atteggiamento verso la vita".

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