In questo articolo parliamo di:
In principio fu Uber Pop:
Sono passati circa 3 anni dalle cosiddette ‘cinque giornate’ di scioperi selvaggi che avevano paralizzato l’Italia; ed oggi la storia si ripete. Traffico in tilt un po’ in tutto il paese per difendere ancora una volta la categoria.
Allora, cinque anni fa, l’ondata di proteste portò alla bocciatura di Uber Pop, uno dei tanti servizi facenti capo all’azienda di San Francisco e che consentiva a chiunque avesse una vettura ed una patente di offrire un servizio di trasporto.
Il servizio era stato messo sotto accusa nelle aule dei Tribunali al punto che, in data 25 maggio 2015, Uber Pop viene vietato dal tribunale di Milano per violazione della concorrenza.
Il Milleproroghe e la norma del contendere:
Oggi a far riprendere la guerra dei tassisti è il rinvio al 31 dicembre 2017 del “termine per disciplinare i servizi di noleggio con conducente e limitare pertanto l’esercizio abusivo di servizi taxi”.
Un rinvio che, secondo i tassisti, significherebbe aprire le porte ad Uber. Perché l’azienda statunitense ha vari rami; e se Uber Pop in Italia è stato dichiarato non in regola, anche su pressione delle auto bianche, ci sono altri servizi che Uber può offrire.
Una app che gli utenti amano, visto che consente di liberalizzare il mercato dei trasporti pubblici; e che ovviamente i tassisti combattono per mantenere un monopolio sostanziale e piuttosto anacronistico in un momento storico nel quale si assiste ad aperture in tutti i settori.
Come funziona Uber?
Uber nasce a San Francisco ed è una app per il servizio di trasporto automobilistico privato: in sostanza va a mettere in contatto passeggeri e autisti tramite apposita app.
Un servizio che rientra nel cosiddetto ‘car sharing’, quindi condivisione della vettura, e che in Italia è sbarcato nel 2014 finendo subito per causare sommosse tra i tassisti. Oggetto del contendere?
Chi offre il servizio con Uber andrebbe a compiere un po’ il lavoro del tassista; ma senza averne i requisiti e la licenza. Che i tassisti si sono guadagnati ed hanno acquistato (anche a caro prezzo).
Con Uber chiunque abbia una vettura può improvvisarsi autista, a patto che abbia compiuto i 21 anni di età; abbia la fedina penale pulita; e una patente regolare e non sospesa da almeno 10 anni.
Gli utenti che volessero utilizzare l’app Uber non devono fare altro che scaricarla gratuitamente sul proprio smartphone, inserire il punto di partenza della corsa e attendere i risultati.
Una volta arrivati a destinazione, il costo della corsa viene addebitato direttamente sulla carta di credito associata all’account senza bisogno di ricorrere ai contanti.
Le varie tipologie di Uber:
Una struttura piuttosto vasta quella offerta da Uber, al punto che si può parlare letteralmente di diversi rami aziendali. Sono vari i servizi offerti dall’azienda di San Francisco. Nello specifico:
- Uber Black: si tratta di un servizio con corsa su un’auto berlina nera con autista professionista. UberBlack è quindi destinato ad autisti professionisti con licenza Ncc e con a disposizione una berlina di lusso. Questi i requisiti minimi per offrire servizi di trasposto privato tramite la piattaforma Uber.
- Uber Pop: è stato oggetto del contendere da quando la app è apparsa sul mercato italiano e non solo: perché, nei fatti, Uber Pop è un servizio molto simile a quello offerto dai taxi ma che, tramite la app, consente di ottenere passaggi da privato a privato. Gli unici requisiti richiesti per diventare autista di Uber Pop sono, come detto, avere 21 anni di età; avere la patente da oltre 3 anni e con almeno 15 punti; possedere una vettura immatricolata da non più di dieci anni, con almeno 4 posti, 4 porte ed in buone condizioni; non avere avuto sospensioni di patente negli ultimi 10 anni; avere una fedina penale pulita. Uber Pop come ricordato sopra, è stato dichiarato non legittimo in Italia dal tribunale di Milano per violazione della concorrenza.
- Vi è poi anche Uber Lux, segmento del lusso della app che offre corse private su berline costose e di lusso guidate da autisti professionisti.
Uber in Italia non è mai piaciuto:
Un servizio quindi che offre trasporti privati in modo più rapido, comodo ed economico rispetto a quelli tradizionalmente presenti. Una sorta di liberalizzazione in linea con la realtà storica che stiamo vivendo, sperimentata da tutti i settori.
Ma a fronte di questo Uber non è mai piaciuta in Italia, come avevamo detto dalla sua comparsa nel 2014. Ma su cosa si basa la protesta dei tassisti? Tecnicamente, lamentano il fatto che le norme, così come sono, finirebbero per omologare l’attività del noleggio privato a quella dei taxi.
In sostanza vorrebbero mantenere la propria posizione dominante sul mercato in barba alle tanto auspicate aperture provenienti dalla cosiddetta sharing economy.
Alla base della protesta dei tassisti:
Alla base di tutto vi è la norma sugli Ncc, che impone loro di dover rientrare nella rimessa senza poter prendere un cliente direttamente per strada (cosa che invece i tassisti possono fare).
Per gli Ncc che lavorano tramite Uber diventerebbe ovviamente più complicato stabilire se effettivamente il passeggero sia stato procacciato per strada senza invece essere rientrato prima nell’autorimessa.
Ma come ovvio, dall’altra parte fanno notare che se un autista è costretto ogni volta a dover rientrare nella rimessa, diventa praticamente inutile il compito di Uber; che è proprio quello di trovare autisti privati in tempi brevi.
Fatto sta che adesso l’emendamento del Governo al Milleproroghe rimanda a dopo il 31 dicembre 2017 ogni decisione su una maggiore regolamentazione degli Ncc.
Data fino alla quale verrà sospesa anche l’efficacia di ogni norma tesa a vietare di ricevere chiamate “per strada” e ad obbligare a rientrare in autorimessa al termine della corsa.
Nel frattempo i tassisti di tutta Italia sono in sciopero e hanno paralizzato un intero paese (qualcuno ipotizza anche possibili fattispecie di interruzione di pubblico servizio e blocco stradale) difendendo quello che per alcuni è una posizione dominante.
La Sharing Economy: o la si accetta o si torna al passato
Alla base di tutto vi è sempre il discorso se accettare o meno tutte le innovazioni che la tecnologia e la sharing economy ci stanno portando.
È stato così anche, ad esempio, per l’ospitalità ricettiva nelle nostre città. Gli albergatori non sono sicuramente contenti (e quando possono tentano in tutti i modi di mettere i bastoni tra le ruote) di realtà come Air B&B ed affini; realtà che gli hanno tolto una buona fetta di mercato.
Ma d’altra parte non si può lottare contro i mulini a vento; la sharing economy è una realtà ormai conclamata del nostro tempo. E non si può accettare di buon grado solo quello che non va contro i nostri interessi.