In questo articolo parliamo di:
Il lavoro del private banker:
Il private banker è in pratica un vero e proprio consulente personale in grado di mettere al servizio del suo interlocutore una lunga serie di competenze non solo di ambito finanziario, ma anche previdenziale e assicurativo.
Inoltre è in grado di suggerire le soluzioni più adatte per valorizzare nel modo più adeguato il patrimonio esistente, oppure crearne uno da tutelare ulteriormente. Il tutto con il fine ultimo di garantire alla propria clientela il mantenimento del proprio livello di vita, con un occhio di riguardo alla pianificazione della successione e al risparmio in tema fiscale.
Questa pratica viene definita come wealth management e focalizza la sua attenzione sulle esigenze del cliente, sia in relazione alla sfera professionale che a quello affettiva e personale, in modo da costruire una offerta ad hoc. Le possibili soluzioni prospettate possono riguardare svariati settori.
Il private banker può infatti occuparsi di investimenti finanziari, consulenza fiscale, protezione assicurativa, credito, finanziamenti, pianificazione previdenziale e successoria, consulenza immobiliare, finanziaria per l’azienda e Art Banking.
Un servizio che viene dispiegato tramite un continuo dialogo con i clienti, nel corso del quale il professionista è chiamato a comprenderne in maniera esaustiva le aspettative, gli obiettivi e le esigenze. Come si può agevolmente comprendere si tratta di un servizio di alto livello che, proprio in quanto tale, ha saputo calamitare l’elevato apprezzamento dei clienti.
Dati sul Private Banking in Italia:
A testimoniarlo è un report elaborato alla fine del 2014 dall’Associazione Italiana del Private Banking (AIPB). Il risultato di questa ricerca non lascia dubbi se si pensa che il private banking ha strappato voti lusinghieri nell’81% dei casi, crescendo addirittura di otto punti rispetto al già ottimo risultato conseguito dodici mesi prima.
L’identikit del private banker vede stagliarsi il profilo di un professionista che gestisce solitamente un portafoglio di almeno 25 milioni di euro. Chi svolge questa professione, fa parte di una squadra di professionisti di alto livello, ed è riuscito a ricavare la sua elevata competenza per mezzo di un trattamento differenziato non solo a livello di formazione, ma anche di gamma prodotti e back office.
Se è molto alto l’apprezzamento di chi già usufruisce di questo servizio, dall’altro va messo in rilievo come soltanto poco più del 50% della potenziale clientela abbia già aderito ad una ipotesi di questo genere. Secondo gli addetti ai lavori si tratta di un chiaro segnale sulla diffidenza che il private banking ancora suscita.
Chi invece ha già aderito al servizio, lo ha fatto perché spinto da alcuni fattori principali come la completezza della proposta e il suo elevato grado di personalizzazione, la reputazione della banca e la solidità del brand, la trasparenza delle procedure, soprattutto in relazione ai costi e le grandi capacità professionali del private banker.
Private banking in Italia: a chi affidarsi?
Un altro report riferito sempre al 2014, elaborato stavolta da Magstat, una società che opera ricerche proprio nel settore del private banking al fine di monitorarne l’evoluzione, mostra a sua volta come chi cerca un servizio di qualità in Italia, non abbia che l’imbarazzo della scelta.
Basti pensare che a fare private banking lungo lo stivale sono ben 244 player, che prestano il loro operato all’interno delle divisioni predisposte all’uopo da 58 istituti bancari. Nel complesso, la rete degli intermediari gestisce un patrimonio che ha già raggiunto la soglia dei 678,3 miliardi di euro, con oltre 850mila clienti.
Una rete formata da oltre 12mila professionisti, cui andrebbero aggiunti 391 family officer, portando il complesso a 13.160 unità lavorative. In questo panorama, va messo in risalto come proprio nel corso dell’ultimo anno in Italia si stia assistendo ad una vera e propria calata delle banche d’affari estere e ad un deciso rafforzamento di quelle già operanti.
Banche estere alla conquista del mercato italiano:
Nomi come Rotschild Wealth Management, Credit Suisse, HSBC e altri hanno deciso di sfruttare al massimo un mercato come quello italiano che si presenta con alcune peculiarità ben precise.
A partire da una certa diffusione della cosiddetta ricchezza mediana, ovvero la fascia dei benestanti non ricchissimi, che pone il nostro Paese al terzo posto a livello mondiale. In conseguenza di ciò è ulteriormente aumentata la qualità dei servizi offerti, tanto da vincere una certa resistenza della clientela.
Un vero e proprio boom che dovrebbe continuare per tutto il corso del 2015, anche perché in tempi di crisi come questi possono aumentare le occasioni per investire al meglio le proprie finanze. A patto di avere un private banker in grado di indirizzare al meglio gli investimenti.