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Eternit e prescrizione: il diritto si mangia la giustizia

A sentire le parole pronunciate del sostituto procuratore generale della cassazione Francesco Iacoviello durante il processo contro Stephan Schmidheiny proprietario superstite di Eternit, tornano alla mente quei bei compiti di matematica in cui tutti i passaggi erano giusti ma il risultato sbagliato. Ci si impazziva sui quei compiti così come oggi si impazzisce sulla sentenza dell’amianto.
Si dice che un conto sia il diritto (la legalità) ed altro la giustizia. Piacerebbe ai semplici che i due termini fossero sinonimi. Dice Iacoviello: «[l’imputato] è responsabile di tutte le condotte a lui ascritte» e «Per reati come le morti per amianto che ha latenza di decenni serve un intervento legislativo» e «[talvolta accade che] diritto e giustizia vadano da parti opposte».
Perfetto quindi condanna. No:«Reato prescritto» Che della prescrizione non si sono accorti né i giudici di primo grado né quelli d’appello. Delle due l’una: o i primi erano ciechi o i giudici della Corte di Cassazione hanno rimirato il codice con la lente d’ingrandimento e scovato un codicillo piccolo piccolo se lo son baloccato fino ad ingrandirlo all’inverosimile e quindi «Reato prescritto

La vicenda Eternit in Italia

Che la prescrizione era più che conclamata se si fa risalire il tutto al 1986 anno di chiusura dello stabilimento mentre invece scoppia come un palloncino portato a contatto con un aghetto se si sta a guardare la macabra contabilità dei morti.
L’ultima in ordine di tempo l’hanno seppellita sabato 15 novembre 2014. E come non bastasse in aula c’era anche chi per respirare ha bisogno della bomboletta dell’ossigeno e sa con certezza che per lui i giorni son contati con più micragnosa pignoleria. Diceva Cesare Beccaria che: «Non v’è cosa più pericolosa di quell’assioma comune che bisogna risalire allo spirito della legge. Questo è un argine rotto al torrente delle opinioni
Forse nessuno ha parlato di spirito della legge ma è come se così fosse stato fatto Si giustificano i giudici, ed è ben triste faccenda quando i giudici si devono giustificare, che loro non eran lì per sentenziare sui morti. No, certo. Erano lì per altro:
«oggetto del giudizio era esclusivamente l’esistenza o meno del disastro ambientale, la cui sussistenza è stata affermata dalla Corte, che ha dovuto, però, prendere atto dell’avvenuta prescrizione del reato essendosi l’evento consumato con la chiusura degli stabilimenti Eternit, avvenuta nel 1986, data dalla quale ha iniziato a decorrere il termine di prescrizione. Non erano, quindi, oggetto del giudizio i singoli episodi di morti e patologie sopravvenute, dei quali la Corte non si è occupata.»

Disastro ambientale, morti e processo bis

Che se il disastro ambientale in questione abbia generato le patologie e i morti che già sono stati e di altri che a stretto giro saranno, questo è un puro accidente della storia. Come dire che si processano le uova e non la frittata.
Ha commentato il legale Franco Coppi che è stato «Un reato [di disastro ambientale] non agganciato alle lesioni e alle morti.» Che per agganciarlo chissà che si doveva fare. In ogni caso per arrivare a questo risultato ci sono voluti cinque anni. Da decidere se sono tanti o sono pochi. Comunque ad oggi i morti più o meno sono stati 2.200 ma la storia non è finita poiché il picco delle morti è previsto a cavallo del 2020 e poi, come sempre, dopo il picco ci sarà la striscia della discesa. Assai lunga e ugualmente dolorosafranco-coppi.
Adesso il pubblico ministero Raffaele Guariniello si prepara a rilanciare sul processo bis, questa volta tutto centrato sull’accusa di omicidio. A questo punto ci si domanderà se dopo la sentenza di Cassazione e il rilancio del processo bis per omicidio le multinazionali avranno più o meno paura di come viene gestita la giustizia, pardon, il diritto in Italia.

Le polveri di amianto

Restano a corollario di tutta la faccenda la dichiarazione della difesa dello svizzero Schmidheiny che suona così: «Ora basta processi ingiustificati.» Che infatti non piacciono a nessuno e in più costano. E come secondo il trascurabile fatto che stabilimenti Eternit con la loro polverina bianca di amianto pare siano attivi in Cina e Brasile. Come dire che i padroni di Eternit di quanto successo in Italia han capito poco o punto e in ogni caso non ne hanno tratto alcuna lezione.
A chiusura un’altra frase di Cesare Beccaria: «Il fine delle pene non è di tormentare ed affliggere un essere sensibile. Il fine non è altro che d’impedire il reo dal far nuovi danni ai suoi cittadini e di rimuovere gli altri dal farne uguali.»
A margine della vicenda la constatazione che questo sia stato un autunno fortunato per l’avvocato Franco Coppi che in poco più di un mese ha ottenuto due vittorie importanti: il caso Ruby Berlusconi e questo di Eternit. Complimenti. Verrebbe da dire: good night, good luck.

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Blogger satirico, polemico, dadaista, ghibellino, laico, uomo d'arme e di lettere - Il Vicario Imperiale

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