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La torta dell’ 8 x mille alle confessioni religiose:
Il riconoscimento ottenuto dalle confessioni buddista ed induista segue quello conseguito lo scorso 18 luglio dalla Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni (noti come mormoni, gli unici a chiedere di non usufruire della donazione), la Sacra Arcidiocesi Ortodossa d’Italia – Esarcato Europa meridionale e la Chiesa Apostolica in Italia.
In tal modo l’ambita torta vede moltiplicare le fette a disposizione, data la presenza dei beneficiari storici: Chiesa Cattolica, Tavola Valdese, Unione Italiana delle Chiese Avventiste del 7° giorno, Assemblee di Dio in Italia, Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e Chiesa Evangelica Luterana in Italia.
A mancare è la classica ciliegina sulla torta, ossia una delle tre grandi religioni monoteiste: l’Islam. Ma in questo caso, secondo il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi, laureato presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e membro di Comunione e Liberazione, “c’è la questione oggettivamente delicata che riguarda la regolamentazione delle attività intorno alle moschee, non sempre di culto, talvolta contaminate dall’estremismo terroristico”. Non vorremo mica allevare i kamikaze del futuro in casa?
Le confessioni religiose in Italia:
Prevenzione di attentati a parte, spesso le questioni religiose vanno di pari passo con quelle economiche (e viceversa), in netta antitesi con qualsiasi affermazione proverbiale. Prima tra tutte quella che tende a respingere la commistione tra sacro e profano. E gli intrecci tra fede e denaro sono ancor più evidenti se riferiti all’Italia, che troppo spesso si comporta da enclave dello Stato del Vaticano; mentre, in via teorica, dovrebbe essere lo Stato monarchico governato dal Papa a rappresentare l’enclave di quello italiano.
Punti di vista. E poco importa se il Bel Paese è uno Stato laico, nel quale non è riconosciuta alcuna religione ufficiale. Nella Costituzione della Repubblica Italiana, in due articoli, si riconoscono i “diritti inviolabili” (Art.2) e la “pari dignità dei singoli cittadini e delle formazioni sociali” (Art. 3). Per l’appunto, dei singoli cittadini e delle formazioni sociali e non dei cristiani cattolici (non importa se praticanti o meno). I padri costituenti, dunque, hanno inteso tutelare il valore dell’uguaglianza a prescindere da tutto. Religione compresa.
Se il concetto non fosse abbastanza chiaro, viene ribadito in ulteriori due passaggi: all’interno dell’Art.21 (“tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”) e, soprattutto, nell’Art.8, secondo il quale “tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.
Aumentano i non credenti:
Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze”.Tuttavia, per avere efficacia tali dichiarazioni necessitano di un adeguato sostegno materiale. E qui torna il vil denaro, croce e delizia dell’umana gente. Di quella che si riconosce nella croce, ma anche di quella che non santifica il proprio dio nel settimo giorno.
E siccome, è bene ribadirlo, in Italia vige il principio della laicità dello Stato, appare ingiustificabile ed ingiustificato il tentativo -perpetrato per decenni dai vari governi succedutisi- di stilare una classifica dei culti, nella quale quello cattolico è inevitabilmente in testa.
Ciò era inqualificabile in passato e lo è ancor di più oggi, poiché il processo di secolarizzazione in atto -e sempre più diffuso- ha definitivamente annichilito l’equazione Italia=Cattolicesimo. E’ vero, la maggior parte degli italiani professa la fede cattolica, per la precisione l’87,8% nel 2006, e il 30,6% si reca(va) ogni domenica a messa.
La percentuale dei praticanti in Italia
La coniugazione al tempo passato è obbligatoria; infatti, secondo il rapporto Eurispes 2010, la percentuale dei praticanti è scesa al 24,4%. Più di 1,5 punti percentuali in meno all’anno. Se la tendenza fosse confermata anche nel 2013, le parrocchie dello Stivale sarebbero frequentate da meno di un cattolico su 5 di quell’87,8%. E’ pleonastico sottolinearlo, ma una netta minoranza.
Di converso, il popolo dei non credenti si attesta al 18,5% con un trend positivo. Oltretutto, l’esercito dei non cattolici è rimpolpato dai già citati seguaci di altre religioni e anche in questo caso le percentuali sono in continua crescita, poiché sostenute dal flusso degli immigrati. Gli stessi che vivono, lavorano e pagano le tasse in Italia e che hanno il diritto di non sentirsi continuamente ospiti in un Paese ostile. E’ la democrazia, bellezza.