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La vicenda dell’Ilva:
Premessa fondamentale di tutto, è il decreto che è stato varato in data 4 giugno del Consiglio dei ministri in materia di commissariamento dell’Ilva: a fronte delle inadempienze dello stabilimento nell’attuazione dell’Autorizzazione integrata ambientale era stato stabilito il commissariamento dell’azienda ed era stato nominato commissario Enrico Bondi.
Uno che il commissario è abituato a farlo e che, nell’ambito dell’Ilva, aveva ricoperto il ruolo di amministratore delegato dell’azienda scelto dalla famiglia Riva. Particolare che aveva fatto balenare in più di qualche mente una potenziale incompatibilità con il successivo ruolo di commissario chiamato ad assicurare l’attuazione delle prescrizioni dell’Autorizzazione ambientale integrata e di altre misure di risanamento ambientale.
Tornando alla lettera di Bondi ed al documento in essa allegato, l’ex amministratore delegato ed attuale commissario governativo ha inviato una perizia nella quale si afferma che sarebbe “erroneo e fuorviante attribuire gli eccessi di patologie croniche oggi a Taranto a esposizioni occupazionali e ambientali occorse negli ultimi due decenni”.
In sostanza, vengono messe all’indice tutte le relazioni e gli studi degli ultimi anni incentrate sulla potenziale correlazione tra inquinamento nell’area industriale dell’Ilva di Taranto e l’incidenza di tumori nel capoluogo di provincia pugliese.
Il documento di Enrico Bondi:
Un documento che, secondo lo stesso Bondi, sarebbe stato richiesto all’Ilva proprio dalla regione Puglia per avere un parere sull’ipotesi di valutazione del danno sanitario: parere la cui elaborazione è stata affidata a quattro docenti universitari ed il cui esito è stato inviato alla Regione ma senza la pretesa di avere, secondo le dichiarazioni dello stesso Bondi, “alcuna incidenza né sulle iniziative ambientali in corso, né sul Piano di risanamento ambientale dell’Ilva che è in elaborazione e che terrà conto sia dei rischi ambientali che di quelli sanitari”.
All’interno della loro lettera gli esperti sottolineano come la scelta del valutare le emissioni solo degli impianti industriali come possibili fonte di inquinamento è un’anomalia e che la colpa dell’aumento dei tumori ai polmoni sarebbe dovuto anche al consumo di sigarette e di alcol.
Affermazione che ha provocato una prevedibile serie di polemiche ed è stata ripresa dalla maggior parte degli organi di informazione al punto che lo stesso Enrico Bondi ha dovuto smentire chiarendo di non aver mai detto né scritto che il tabacco fa più male delle emissioni dell’Ilva ed aggiungendo che le emissioni dell’ Ilva hanno, a quanto risulta da indagini svolte in sede scientifica e dagli accertamenti disposti della magistratura, “avuto rilevanti impatti anche sanitari“.
L’impatto dell’Ilva sulla salute:
Secondo gli autori di quest’ultimo documento, i dati pubblicati in passato dagli scienziati dell’Arpa e dallo studio Sentieri (uno studio dell’Istituto Superiore di Sanità che ha valutato l’impatto dei grandi centri industriali italiani sulla salute delle popolazioni che risiedono in prossimità degli stabilimenti) che avevano evidenziato l’impatto sulla salute dell’impianto siderurgico potrebbero aver messo in evidenza una situazione peggiore di quella che in realtà è: parlando dei danni sanitari a carattere cronico, la versione dei tecnici ingaggiati dal commissario dell’Ilva è che “il danno è il risultato di esposizioni avvenute nel passato, piuttosto che di esposizioni recenti.”
In sostanza la causa di eventuali patologie è da ricercarsi anche in altri fattori e non solo nella presenza dell’Ilva; tra le potenziali concause indicate nella relazione si parla di elevato consumo di sigarette essendo Taranto città portuale e marittima che presenta un diffuso smercio. Una affermazione che può apparire quantomeno curiosa agli occhi dei profani e dalla quale lo stesso commissario Bondi ha cercato, nelle ore successive, di prendere in parte le distanze.
Quello della lettera di Bondi è soltanto l’ultimo capitolo di una storia lunga, controversa e tipicamente italiana nell’impossibilità di giungere ad una verità documentata e definitiva; qualunque essa sia.