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Hobby farmer, gli invisibili delle campagne italiane

Alcuni studi effettuati di recente hanno fatto emergere un fenomeno del tutto ignorato nel nostro Paese: l’agricoltura amatoriale. Cresce, infatti, il numero degli italiani che dedicano una parte significativa del proprio tempo libero alla cura dell’orto, del vigneto, del frutteto, dell’ alveare o dell’allevamento di animali da cortile.
Non sono imprenditori agricoli ma impiegati, operai o liberi professionisti che si dedicano al proprio appezzamento di terra per produrre con le proprie mani cibi da consumare in famiglia o da regalare agli amici. Gli Hobby farmer.
Si tratta di un fenomeno che coinvolge il 41 per cento della popolazione da non confondere con lo sciame delle piccole e piccolissime aziende e dei produttori part-time. Non svolgendo alcuna attività imprenditoriale agricola, gli hobby farmer non ricevono la scheda dell’ Istat per il censimento agricolo.
La cultura economica e di conseguenza le istituzioni li considerano ininfluenti ai fini della sommatoria del PIL e, dunque, ignorano volutamente l’apporto di tali attività alla composizione dei consumi familiari, alla salvaguardia del territorio e al benessere psico-fisico delle persone.

Gli Hobby farmer in Italia:

Negli ultimi 30 anni la superficie agricola si è contratta di oltre 3 milioni di ettari. Ma non per questo tali aree sono state automaticamente cementificate come alcuni commentatori continuano a sostenere. “Assumere la differenza tra le superfici agricole tra l’uno e l’altro censimento come misura dell’urbanizzazione è indice di analfabetismo statistico” dice giustamente Corrado Barberis, presidente dell’Insor.
Su questi 3 milioni di ettari sono infatti impegnati tanti Hobby farmer che la contabilità nazionale non prende in considerazione nonostante i benefici economici, salutistici e ambientali da essi  prodotti.
Dall’esame dei questionari restituiti dagli abbonati della rivista “Vita in Campagna” risulta che gli Hobby farmer neocontadini amatoriali sono per lo più uomini con un’età media di 56 anni e con un grado di istruzione medio-alto. Utilizzano terreni di proprietà localizzati per lo più in collina (53,3%) e in montagna (8,3%), la cui estensione media è tutt’altro che trascurabile: 1,2 ettari.
Le produzioni più comuni riguardano la coltivazione di ortaggi (88,6%), frutta (65%), vite (34,3%) e olivo (32,3%). Nel 72% dei casi le attività di coltivazione si accompagnano con quelle per produrre marmellate, conserve, vino e olio. Mediamente vengono impiegate circa 10 ore a settimana. I pensionati si impegnano in tali attività per lassi di tempo ancor più elevati.

Hobby farmer: più spese che entrate

La crisi economica non ha per nulla influito sull’entità del fenomeno Hobby farmer, nonostante la produzione amatoriale di cibo sia più una fonte di costo che di reddito. Questi agricoltori comprano, infatti, sementi, concimi, agrofarmaci o mangimi spendendo mediamente circa mille euro ad ettaro.
Ma è la motivazione sottesa a queste pratiche che spiega perché il fenomeno Hobby farmer è destinato a crescere soprattutto in tempi di crisi: alla base non c’è solo la voglia di valorizzare un terreno acquistato o ereditato, ma la possibilità di poter consumare prodotti più sani e genuini ed esercitare un’attività all’aria aperta a contatto con la natura e con gli animali.
Continuare ad ignorare il fenomeno degli Hobby farmer e non valutarlo quantitativamente e qualitativamente non permette di approfondire i diversi aspetti e di favorire, mediante la predisposizione di opportuni servizi comuni, un modo semplice di produrre beni relazionali e paesaggistici nell’interesse della collettività.

Pubblicato in Focus

Scritto da

Presidente dell’associazione "Rete Fattorie Sociali", vice presidente dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Regioni Lazio e Toscana, autore e scrittore.

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