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Napolitano: ricorso a indulto e amnistia
Sempre in tema di Ue, l’organo decisionale del Consiglio ovvero il Comitato dei ministri ha deciso di chiedere ai ministri degli esteri dei 47 paesi membri che lo compongono una valutazione su quanto fatto finora dal Governo italiano per cercare di ovviare a questa situazione di emergenza introducendo nuove norme.
Tornando alle parole di Napolitano, il Capo dello Stato ha parlato anche della possibilità di uno speciale ricorso a misure di clemenza per dare un po’ dir espiro alle carceri italiane: le misure di clemenza come noto corrispondono all’indulto (estinzione della pena, ovvero della condanna definitiva) e all’amnistia (che a differenza dell’indulto va a cancellare direttamente un tipo di reato,rendendolo quindi non più perseguibile).
A livello costituzionale l’argomento è trattato nell’articolo 79 della Costituzione che stabilisce come “l‘amnistia e l’indulto sono concessi con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale. La legge che concede l’amnistia o l’indulto stabilisce il termine per la loro applicazione. In ogni caso l’amnistia e l’indulto non possono applicarsi ai reati commessi successivamente alla presentazione del disegno di legge.”
L’articolo 79 della Costituzione
Proprio a questo il Presidente della Repubblica ha fatto riferimento, affermando come sia indispensabile che il Parlamento rifletta sull’attuale formulazione dell’articolo 79 in quanto, così come si presenta, pone diversi ostacoli al ricorso a misure di clemenza.
Gli ostacoli dei quali si parla naturalmente, hanno a che fare con il dibattito parlamentare e con la questione ideologica (e politica, di convenzienza da qualunque parte si affrontai il problema carceri): ci sono infatti diversi schieramenti politici (la Lega Nord su tutti) che si sono più volte espressi contro l’ipotesi di un provvedimento orientato in questo senso sostenendo che il sovraffollamento carcerario è un problema che non può essere risolto facendo uscire dalle strutture i detenuti ivi reclusi (chi si trova in carcere è lì per scontare una pena a seguito di un reato commesso), mentre sarebbe più funzionale costruire nuove carceri.
Numeri sul sovraffollamento delle carceri italiane
Gli ultimi dati relativi alle 206 strutture carcerarie italiane parlano di 66.138 persone recluse nelle carceri a fronte di 54.588 posti disponibili: una vera emergenza. A fronte di ciò ed in riferimento ad eventuali misure quali indulto o amnistia ed alle obiezioni che alcuni muovono, altri dati parlano di 7 detenuti su 10 (il 68,5%) che tornano a commettere reati una volta usciti dal carcere.
È il cosiddetto problema della recidiva, letteralmente la ricaduta, riferita al detenuto che, essendo stato condannato per un reato, una volta fuori dal carcere torna nuovamente a delinquere. Ebbene come detto, sarebbe il caso di 7 detenuti su 10: un numero cospicuo che dovrebbe essere abbattuto altrimenti sembrerebbe piuttosto complicato parlare di indulti o amnistie.
Altro argomento interessante sul quali si sta dibattendo in queste ore è quello relativo alla possibilità di ricorrere a misure alternative alla detenzione: in Italia infatti l’ 82,6% dell’esecuzione delle condanne sono scontate direttamente in carcere. All’estero i numeri sono più ‘leggeri’: in Francia e Gran Bretagna ad esempio, i detenuti che scontano la pena nelle strutture solo un quarto del totale.
Misure alternative al carcere in Italia:
Di misure alternative alla detenzione si parla da tempo: ricordiamo che in Italia le misure alternative alla detenzione nelle carceri vengono introdotte dalla legge 26 luglio 1975, n. 354.
È previsto che la competenza a decidere sulla concessione delle stesse misure sia affidata al Tribunale di sorveglianza; gli Uffici di esecuzione penale esterna sono strutture che provvedono all’esecuzione delle misure alternative o di comunità e che, a tal fine, collaborano con gli enti locali, le associazioni, le cooperative sociali e le altre agenzie private e pubbliche presenti nel territorio per l’azione di inclusione sociale e con le forze di polizia per l’azione di controllo e contrasto della criminalità.
Tra le misure alternative alla detenzione: l’Affidamento in prova al servizio sociale che è la misura alternativa per eccellenza; si svolge totalmente nel territorio ed è finalizzata ad evitare al massimo i danni derivanti dal contatto con l’ambiente penitenziario e dalla condizione di privazione della libertà.
Lavoro di pubblica utilità; introdotto dall’art. 73 comma 5-bis del d.p.r. 309/1990, consiste nella prestazione di un’attività non retribuita a favore della collettività da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti e organizzazioni di assistenza sociale o volontariato.
La misura della detenzione domiciliare
Vi è poi la Detenzione domiciliare, misura alternativa introdotta dalla Legge n. 663 del 10/10/1986, di modifica dell’Ordinamento penitenziario (o.p.) e che prevede la prosecuzione, per quanto possibile, delle attività di cura, di assistenza familiare, di istruzione professionale, già in corso nella fase della custodia cautelare nella propria abitazione (arresti domiciliari) anche successivamente al passaggio in giudicato della sentenza, evitando così la carcerazione e le relative conseguenze negative.
Anche su questo argomento il Presidente della Repubblica ha fatto esplicito richiamo parlando di proposte già in avanzato stadio di esame e finalizzate all’ introduzione di pene alternative alla prigione. Il tutto naturalmente, per cercare di mettere una toppa alla condizione di degrado delle carceri italiane che sempre più rischia di creare imbarazzi internazionali all’ Italia e di essere un biglietto da visita poco presentabile a livello europeo.