Seguici su:

Focus

Letto 6393 Volte
Condividi

Cittadinanza a figli di immigrati: tra demagogia e convenienza

Secondo una recente indagine Istat gli italiani sarebbero favorevoli al riconoscimento della cittadinanza per i figli di stranieri nati in Italia: nell’ ambito di una rilevazione dal nome “I migranti visti dagli italiani” sarebbe emerso che ben il  72% degli intervistati dall’Istat stessa avrebbe dato risposta positiva a tale quesito.
Ricordiamo, per farci un’idea sull’eventuale impatto, che attualmente sono all’incirca 1 milione i minori residenti in Italia nati da genitori stranieri, e di questi più della metà ha visto la luce in una struttura del servizio sanitario nazionale.
Quello della cittadinanza ai figli di cittadini stranieri è un tema piuttosto delicato che non cessa di alimentare un dibattito serrato con posizioni opposte a seconda della convenienza politica: ricordiamo che la cittadinanza italiana, regolata attualmente dalla legge 5 febbraio 1992, n.91, è basata principalmente sullo ius sanguinis (diritto di sangue) per il quale il figlio nato da padre italiano o da madre italiana è italiano.
Allo ius sanguinis si contrappone lo ius soli: per i paesi che applicano quest’altra tipologia di riconoscimento della cittadinanza, è cittadino originario chi nasce sul territorio dello Stato, indipendentemente dalla cittadinanza posseduta dai genitori.

Italia e ius sanguinis:

In Italia come detto, la legge 91 del 1992 indica il principio dello ius sanguinis come unico mezzo di acquisto della cittadinanza a seguito della nascita, mentre l’acquisto automatico della cittadinanza iure soli continua a rimanere limitato ai figli di ignoti, di apolidi, o ai figli che non seguono la cittadinanza dei genitori. I cittadini nati nel nostro paese da genitori stranieri e sempre regolarmente residenti in Italia, devono attendere il diciottesimo anno d’età per avere la cittadinanza italiana.
Ciò ha provocato negli anni dibattiti continui e prese di posizione opposte: lo stesso Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, alcuni mesi fa affermò che ”È una follia che i figli di immigrati nati in Italia non siano cittadini”. Ed è di questi giorni l’ennesima polemica tra chi vorrebbe cambiare la legge, dando la possibilità ai figli di cittadini stranieri nati sul territorio italiano di acquisire la cittadinanza in automatico, e chi viceversa vorrebbe lasciare le cose come sono attualmente.

Cittadinanza: come funziona all’estero

Quella italiana non sembra essere una regolamentazione eccessivamente stringente: in Gran Bretagna ad esempio, per acquisire la nazionalità britannica è necessario essere nati sul territorio britannico anche da un solo genitore che sia già cittadino britannico al momento della nascita. In sostanza la cittadinanza britannica si acquisisce per ius sanguinis ma solo se almeno uno dei genitori è già cittadino britannico, a sua volta non per ius sanguinis.
In Spagna la cittadinanza si acquisisce per nascita da padre o madre spagnola, o in alternativa per nascita sul territorio anche da cittadini stranieri di cui però almeno uno deve essere nato in Spagna.
E veniamo agli Stati Uniti, modello che viene preso spesso ad esempio da chi vorrebbe introdurre lo ius soli in Italia: chi nasce nel territorio degli Stati Uniti è cittadino americano, quindi vige a tutti gli effetti lo ius soli. Gli Usa appartengono naturalmente a quella schiera di paesi che sono stati caratterizzati, nel corso dei secoli, da una fortissima ondata migratoria (proveniente anche dall’Italia): il che ha naturalmente ha spinto a dare la cittadinanza a chi nasceva sul suolo statunitense mentre, viceversa, lo ius sanguinis viene visto come maggiormente favorevole per i paesi a flusso inverso, ovvero con forti emigrazioni, per preservare la cittadinanza anche per i discendenti degli emigrati. E, in un certo senso, preservare anche l’italianità nel caso del nostrro paese (sempre ammesso e non concesso che possa esistere un insieme di caratteristiche e comportamenti identificabile in tale definizione).

Come cambiare la legge italiana:

Per questo qualsiasi futuro provvedimento o regolamentazione della questione dovrebbe essere approvato in maniera ponderata, senza seguire l’euforia del momento né lasciandosi navigare dalla deriva buonista che, spesso, nasconde una forte connotazione politico/ideologica e di convenienza: occorrono leggi chiare per evitare distorsioni del meccanismo per evitare, ad esempio, che lo ius soli diventi soltanto un pretesto per acquisire la cittadinanza.
Detto in maniera più spiccia, evitare che cittadini non italiani vengano nel territorio italiano esclusivamente a far nascere i proprio figli, facendogli acquisire così la cittadinanza con relativi vantaggi. Negli Stati Uniti, presi ad esempio per lo ius soli, è successo e succede tutt’ora: lì è molto frequente che una donna straniera faccia di tutto per partorire nel territorio statunitense per dare così al figlio la cittadinanza Usa e l’ accesso al sistema sanitario.

Il caso degli Usa e del Messico:

Le problematiche maggiori si riscontrano ad esempio in Arizona, stato al confine con il Messico da dove giungono donne disposte a tutto pur di partorire nel territorio statunitense: secondo il New York Times spesso si arriva anche a gesti estremi come nel caso di una donna pronta a partorire nel deserto tagliandosi da sola il cordone ombelicale pur di far nascere il proprio figlio nel territorio Usa.
Una cittadinanza come si vede da questi casi, che diventa solo di convenienza e di opportunità quando invece dovrebbe essere un qualcosa di profondamente voluto e sentito: ecco perchè sarebbe auspicabile un dibattito serio e non ideologizzato, che prenda in considerazione la questione da tutti gli aspetti possibili e che non sia costretto a dover seguire gli umori del momento o, peggio ancora, dettato da esigenze elettorali.

Pubblicato in Focus

Scritto da

Giornalista indipendente, web writer, fondatore e direttore del giornale online La Vera Cronaca e del progetto Professione Scrittura

Potrebbe interessarti

Lascia un commento

Seguici su: