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Il codice rosa negli ospedali: cos’è e come funziona
Il progetto si rifà all’esperienza pilota della Asl 9 di Grosseto con l’obiettivo di identificare subito, all’arrivo al pronto soccorso, le vittime di violenza sessuale offrendo, oltre alle cure, la possibilità di denunciare gli aguzzini già in ospedale.
L’emendamento però è da molti percepito come minaccia alla libertà e ai diritti delle donne che subiscono violenza. Ma come funziona il codice rosa? È un codice virtuale di accesso al Pronto Soccorso, assegnato in casi riconducibili a violenza anche se l’abuso non è dichiarato.
Prevede un percorso particolare di accoglienza all’interno di una stanza rosa, un ambulatorio protetto non identificabile, dove la vittima riceve assistenza medica e psicologica e nel caso lo voglia, può denunciare. Dall’inizio del 2009 a Grosseto sono stati attivati oltre 1700 codici rosa che hanno assicurato alle vittime assistenza alla persona, privacy e la massima rapidità di interventi nei confronti degli autori del reato.
Dal 1 gennaio 2012 la sperimentazione si è allargata alle altre Aziende Sanitarie Ospedaliere Toscane. Perché non proporla anche in altre regioni?
La protesta delle femministe:
Ovviamente la mozione ha creato non poche discussioni in particolare tra le femministe che non hanno esitato a far sentire la loro voce. Dall’Udi alla rete DiRe, da Ferite a Morte alla Casa delle Donne di Roma tutte a gran voce chiedono il ritiro dell’emendamento, perché ancora una volta le donne vengono considerate soggetti deboli e incapaci di difendersi.
Il pericolo è quello che le vittime di abusi rinuncino a curarsi per paura di subire ritorsioni. L’obiettivo dell’emendamento è quello di difendere la donna che ha subito violenza e aiutarla ad uscire da questa situazione. Ma nello specifico, le associazioni contrarie alla proposta, spiegano che la richiesta di cure farebbe scattare automaticamente il ricorso all’autorità giudiziaria, mettendo la vittima in una situazione di pericolo perché spesso l’autore della violenza è il marito o il compagno.
Con l’obiettivo di perseguire i reati si perde di vista la tutela della vittima e la sua volontà, tagliando fuori i centri antiviolenza che da anni si occupano di questo. Non dimentichiamo che il motivo fondamentale che spinge la donna a non denunciare il suo maltrattatore è proprio la paura di essere uccisa.
E’ giusto introdurre il codice rosa negli ospedali?
La violenza contro le donne è un fenomeno sociale, culturale e antropologico che non può solo essere interpretato in un’ottica prettamente sanitaria. È altresì vero che servirebbero pronto soccorsi attrezzati con personale formato in grado di offrire cure adeguate e stare vicino alle donne che denunciano, soprattutto se sono madri.
Ma se è vero che ora più che mai l’Europa ci chiede di attenerci alla Convenzione di Istanbul e punire i colpevoli di queste violenze nei confronti delle donne, perché si continua a discutere su questo? Davvero è uno sbaglio introdurre il codice rosa negli ospedali?