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Bibite gassate e danni alla salute:
Il problema delle bibite analcoliche è legato naturalmente al loro apporto nutrizionale vista l’alta quantità di zuccheri presente ed il conseguente alto tasso calorico: in sostanza, queste bevande non fornirebbero alcun apporto nutrizionale mentre contribuirebbero in maniera sostanziale a far accumulare peso e favorirebbero l’obesità. Tutti fattori che, tra l’altro, contribuiscono in maniera sostanziale all’aumento dei costi a carico del Servizio Sanitario Nazionale.
Ogni malattia o patologia ha naturalmente un costo che incide a livello sociale e per comprendere quanto incida l’obesità basta legger alcuni dati: ogni anno in Italia muoiono 52 mila persone a causa di problemi legati all’eccesso di peso a fronte di un cifra che evidenzia come il 10% nella popolazione italiana adulta soffra un peso eccessivo. In termini di costi sanitari si parla di una cifra di 25 miliardi di euro (dato registrato nel 2005 in Italia; nel 2003 il costo era stato di 23 miliardi di euro).
Senza addentrarsi troppo in discorsi strettamente medici, tali costi sanitari sono legati ai ricoveri ospedalieri derivanti dal fatto che l’obesità è responsabile di una serie di patologie cardiovascolari, metaboliche, osteoarticolari, tumorali e respiratorie. A ciò si deve aggiungere anche che lo zucchero e l’acidità delle bevande gassate contribuiscono al danneggiamento dei denti, favorendo l’insorgere delle carie ed indebolendone lo smalto.
Giusto aumentare i prezzi sulle bevande gassate zuccherate?
Da questo breve excursus sull’obesità risulta più facile comprendere perché il Governo abbia deciso di tassare le bibite gassate analcoliche contenente zuccheri (al riguardo, le bibite a basso contenuto di zucchero non vengono considerate migliori perché otterrebbero il sapore dolce tramite l’utilizzo di aspartame, dolcificante ritenuto pericoloso per la salute).
La tassa in questione naturalmente ha diviso l’opinione pubblica: piace molto nell’ambiente medico-scientifico (per quanto riferito sopra) che mette in risalto i molteplici aspetti positivi derivanti da un provvedimento orientato in questa direzione.
Da un recente studio dell’università del North Carolina infatti è emerso come un aumento del 10% del prezzo dei soft drink porterebbe a diminuire il consumo pro capite di 7,5 millilitri al giorno, corrispondenti a circa un grammo di zucchero. Secondo il New England Journal of Medicine, uno dei giornali più prestigiosi di medicina, le bevande zuccherate non sono necessarie per sopravvivere oltre ad avere un costo economico non indifferente sulla classe sociale più povera, ovvero quella che ne fa il maggior consumo: scoraggiarne l’utilizzo tramite una maggior tassazione potrebbe portare ad aumentare il consumo di e una bevanda alternativa molto più economica e salutare; l’acqua.
Le proteste dei produttori:
Se nutrizionisti sono divisi sull’effettiva utilità del provvedimento, viceversa i produttori non hanno dubbi: una legge in questa direzione sarebbe una iattura ed avrebbe effetti deleteri sulla produttività e sull’occupazione. E questo, in un periodo di crisi economica particolarmente aggressiva, non potrebbe certo avere impatto positivo. Inoltre, i produttori vedono in questa decisione una discriminazione nei loro confronti poiché vi sarebbero in giro, secondo la loro opinione, prodotti ben più calorici che non vengono colpiti dalla scure del Governo.
Sindacati e aziende del settore in sostanza fanno le barricate proponendo magari un accordo a monte con le case di produzione delle bevande stesse per trovare un accordo sulla riduzione dei grassi in fase di produzione: facile a dirsi, un po’ meno a farsi.