In questo articolo parliamo di:
Differenze con Reddito di cittadinanza:
Per Reddito minimo garantito si intende un sussidio erogato a cittadini inoccupati, disoccupati o precari, iscritti presso le liste di collocamento dei Centri per l’impiego; un sussidio universale contro l’indigenza la cui concessione è quindi subordinata all’ accertamento delle condizioni economiche e patrimoniali dell’individuo.
Ciò rende il Reddito minimo garantito differente ad esempio dal Reddito di cittadinanza di cui si fa un gran parlare (è uno dei cavalli di battaglia del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo) e a cui spesso viene accostato generando talvolta confusione: il Reddito di cittadinanza è altresì, da definizione, un reddito di base riconosciuto a tutti senza alcuna distinzione di stato socio-lavorativo e senza alcun obbligo di attività; una somma sufficiente a garantire al cittadino di prendere parte alla vita sociale e di continuare ad essere un consumatore – generatore di ricchezza.
In sostanza il Reddito di cittadinanza viene riconosciuto a tutti indipendentemente dalla condizione lavorativa o di reddito, mentre il Reddito minimo garantito è rivolto esclusivamente a cittadini che versano in precarie condizioni sociali o lavorative. E questa è già una distinzione importante.
Quando si parla di Reddito minimo garantito si va sempre a far riferimento all’arretratezza della condizione italiana rispetto al resto dei paese dell’ Unione Europea; paesi nei quali (ad esclusione di poche eccezione come ad esempio Grecia o Ungheria) una qualche forma di Reddito minimo garantito, inteso come sostegno pubblico erogato a tutti i cittadini che versano in condizione di precarietà, esiste già da tempo.
Tentativi di Reddito minimo garantito:
Né, tornando a focalizzarci sul nostro paese, sono servite esperienze similari tentate in passato; nel 1995 venne introdotto in via sperimentale il Reddito minimo di inserimento (Rmi), vale a dire un contributo economico erogato dalle amministrazioni locali alle famiglie che vivono con un reddito inferiore alla soglia di povertà. La sperimentazione fu istituita con il decreto legislativo n. 237 del 1998 e portata avanti su piccola scala, in pochi comuni distribuiti sul territorio nazionale; furono coinvolte in tutto circa 42mila famiglie indigenti cui fu erogato un assegno mensile di circa 367 euro.
Ma il programma del Reddito minimo di inserimento naufragò per diverse cause; prima tra tutte, il ciclo politico che subì un cambiamento con la conseguente scelta del governo presieduto dal subentrato Amato di non portare a conclusione l’iniziativa del Rmi ma di destinare i fondi ad altri ammortizzatori sociali. Inoltre sempre in quell’anno (2001) avviene la riforma del titolo V della Costituzione che concede maggiori poteri decisionali, tra i quali la materia assistenziale, alle Regioni; e non tutte le Regioni decisero di proseguire su quella strada.
Un’altra esperienza cui si può far riferimento in rapporto all’Italia è quella citata sopra, vale a dire quella della provincia autonoma di Trento dove è presente un Reddito di garanzia (Rg); istituito nel 2009, il Reddito di garanzia è un beneficio monetario il cui importo è pari alla differenza tra l’effettiva condizione economica del nucleo e la soglia di povertà relativa. Tale intervento è a tempo determinato (4 mesi rinnovabili dopo verifica e per non più di tre volte in due anni) e ad erogazione mensile e, da quando è stata introdotta, a beneficiarne sono stati circa 10mila nuclei familiari (circa il 45 della popolazione) con un costo medio stimabile in 16 milioni annui, pari a meno di 3 euro al mese per residente.
Costi per realizzare il Reddito minimo garantito:
Perché, quando si parla di sussidi di questo tipo, il problema che viene immediatamente (e giustamente) sollevato è quello relativo alla copertura economica: quanto potrebbe infatti costarci l’introduzione di un Reddito minimo garantito)? Naturalmente dipende da come si decide di farlo e da quali fasce includere nel provvedimento.
Secondo i noti economisti (e docenti della Bocconi) Tito Boeri e Roberto Perotti, prendendo a riferimento un sussidio di 500 euro mensili erogato in maniera selettiva, ovvero con regole tali da non scoraggiare la ricerca di un lavoro da parte del beneficiario e in grado di premiare chi ha davvero bisogno di assistenza, il costo del Reddito minimo garantito potrebbe essere orientativamente compresa tra gli 8 ed i 10 miliardi l’anno.
Una cifra tutto sommato non eccessiva, previa regolamentazione del sussidio includendovi solo chi è realmente bisognoso; che è poi quanto avviene all’estero. Nel resto d’Europa infatti il Reddito minimo garantito è concesso (integrato spesso da altri ammortizzatori sociali) per proteggere esclusivamente quelle categorie sociali particolarmente fragili.
Si parla quindi di determinate condizioni necessarie, quali ad esempio la certezza che il beneficiario non abbia altri mezzi di sussistenza né risparmi messi da parte e che, inoltre, si impegni a partecipare a specifici programmi di formazione per la ricerca di un impiego.
Quindi, come si vede, il Reddito minimo garantito o chi per esso può esser realizzato a patto che venga studiato, regolamentato nei minimi dettagli e soprattutto rivolto esclusivamente a chi ne ha un reale bisogno evitando spreco di soldi pubblici. Cosa che, conoscendo il background culturale italiano, non è poi così scontata né facile ad attuare.