Bersani, D’Alema e Quirinale:
E dire che Mauro Bersani, durante la trasmissione ‘Un giorno da pecora’, si augurava che il fratello Pierluigi si mettesse a fare la riserva in terza fila. Che sarebbe pure una bella soluzione. Per il suo sistema nervoso e anche per la sinistra tutta. Invece il segretario del Pd insiste e sta tangibilmente dimostrando la teoria della schizofrenia.
Dopo essere stato dalemiano ha pensato bene, con un guizzo di buon senso, uno dei suoi rari, di affrancarsi da quella noiosa contiguità che, per un emiliano frequentare il D’Alema dev’essere come per un playboy fare un happy hour in compagnia di un monaco trappista (consigliamo la canzone ‘Ma D’Alema no’, un invito a non presentare D’Alema al Quirinale sulle note di ‘Ma l’amore no’ di Gigliola Cinquetti).
Poi ha lanciato la sfida al giaguaro e lì si è fatto prendere la mano da quattro scardellati che su un terrazzo romano ripetevano a mo’ di mantra un ridicolo «lo smacchiam…lo smacchiam». Come se la politica la si potesse fare con dei video clip anziché con le idee che vengono dalla gente.
Anche i canzonettari meno attrezzati sanno che se manca il prodotto la comunicazione non può far nulla. Deinde, come se tutto questo non bastasse con il cappello in mano s’è messo a mendicare e a farsi mollare sonori ceffoni da due, la Lombardi e Crimi del Movimento 5 Stelle, che sanno di politica quanto Feltri di bon ton.
E comunque dichiara ad ogni talk show che ormai conosce quelle poltrone più e meglio delle dure sedie delle sezioni del suo partito che non si vede andare a braccetto con Brunetta e neppure con Gasparri. Che stare alla larga dai nipotini dei dispensatori di olio di ricino che erano tanto narcisi da volere che le loro vittime li riconoscessero anche nel fondo dei pitali è «puro buon senso» come direbbe Tex Willer a Kit Carson.
La scelta del candidato per il Colle:
Quindi con una piroetta che i trapezisti del circo Togni neanche se la sognano, se ne va a resuscitare uno che, abbandonato da quasi metà del suo elettorato, si trova mogio mogio messo in un angolo.
E gli fa pure scegliere il candidato alla presidenza della Repubblica che poi, guarda il caso, ti salta fuori il nome del solito ex democristiano, Franco Marini, che non è stato capace di essere eletto nemmeno nella sua regione. E che alla domanda sul perché si ripresentasse alle elezioni rispose:« Perché non ho niente da fare.» Che vien voglia di suggerire a figli e nipoti di iscriverlo ad una bocciofila, regalargli un paio di puzzle e l’ultima dedizione di Risiko. Così tiene la testa occupata e pensa ad altro.
E quindi passare da potenziali smacchiatori, che ormai le tintorie sono tornate in mano ai cinesi come ad una volta, a sostenitore delle grandi intese sembrerebbe un altro bel salto carpiato con avvitamento a a destra e invece è solo una superrcazzola. Sempre con avvitamento a destra.
Così adesso prendono in mano la questione quelli che non solo non hanno vinto ma sono pure arrivati terzi e quarti. E sentirsi impartire la lezione e il candidato alla presidenza da Scelta Civica e dal Pdl che propongono come Presidente della Repubblica un ex prefetto, la Cancellieri, che ha avuto parole d’apprezzamento per i condannati della Diaz ce ne vuole. E per tutta risposta il Pd rilancia il nome di un sempre verde (ed ex democristiano anch’esso) Romano Prodi.
Alla fine il metodo è sempre quello dei vecchi democristiani che riescono sempre a galleggiare. Ma cosa ha fatto di male la sinistra per meritarsi tutto questo?