Provvedimenti razzisti verso gli stranieri:
L’abolizione, tanto per cominciare, degli articoli 28, 29 e 30 che permettono i ricongiungimenti familiari e l’aumento fino a 1000 euro per il rilascio (o rinnovo) del permesso di soggiorno. Spicca poi l’innalzamento di 300 euro per le spese relative alle richiesta di cittadinanza (passando quindi da 200 a 500 euro a persona), insieme al dimezzamento della durata del permesso per gli immigrati che perdono lavoro, attualmente di 6 mesi (in sostanza se uno straniero in 3 mesi non trova un altro impiego regolare diventerebbe clandestino).
Qualche leghista è arrivato anche a proporre di obbligare gli imprenditori extracomunitari che aprono una partita Iva a depositare una fideiussione di 3000 euro a favore della agenzia delle Entrate, riscattabile solo a cessazione attività e dopo aver dimostrato di aver pagato i contributi e le tasse. Infine: chiedere agli imprenditori che assumono immigrati “extracomunitari” un contributo del 5% del costo del lavoro da destinare a scopi socio assistenziali. Quasi una specie di “penale”.
Riporta tutto dettagliatamente un articolo dell’Osservatorio Italia-Razzismo, che sottolinea anche come in Francia i migranti diventino cittadini in una percentuale e con una rapidità maggiore di quanto accada da noi. Nel 2003, il tasso di acquisizione della cittadinanza in Italia era pari allo 0,9%: il più basso in Europa.
La nostra legge sulla cittadinanza è infatti tra le più arretrate anche perché la sua concessione resta un atto discrezionale. In tutto questo, proprio gli osservatori contro il razzismo (come l’Unaar) lanciano un nuovo allarme: nel 2011 i fenomeni di discriminazione nei luoghi di lavoro sono raddoppiati rispetto al 2010.
I fatti di Torino e Firenze ci dicono che l’Italia è un Paese razzista. Ma come potrebbe non esserlo se proprio all’interno del Parlamento è consentita ancora la presenza di un partito anticostituzionale come la Lega? Quello delle ronde padane contro gli stranieri: quello che da quasi vent’anni ha decisiva influenza sul governo del Paese.