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Rapporti dipendente – datore di lavoro e licenziamenti
Nel primo punto vengono specificate le variazioni, comprese nuove modalità d’impiego per i lavoratori ultracinquantenni disoccupati. Sono state varate particolari misure per i lavoratori over 50 rimasti senza lavoro, proprio per evitare un reintegro difficoltoso all’interno del mondo lavorativo. Ma quali sono stati veri cambiamenti di questa nuova riforma?
La prima precisazione da fare quando si parla di modifiche del rapporto tra dipendente e datore di lavoro è sicuramente quella relativa ai licenziamenti. Salta il reintegro automatico nel caso il lavoratore sia stato licenziato per motivi economici: nel caso un’ azienda licenzi dipendenti per motivi legati alla recessione, quest’ultimi non possono essere riassunti in futuro.
Gravidanze e infortuni sul lavoro
Variati anche gli obblighi da parte dei datori di lavoro: gravidanze o infortunio sul lavoro sono gli unici motivi di reintegro forzato. Cambiano anche i contratti a tempo determinato e la loro lunghezza: il primo deve avere una durata di almeno dodici mesi, mentre le pause per un nuovo contratto sono aumentate vistosamente.
Si passa da 10 a 20 giorni nel caso ci sia un’assunzione di sei mesi, mentre nel caso il contratto preveda una durata superiore bisogna aspettare 30 giorni. Nuove regole anche per quanto riguarda gli immigrati e i permessi di soggiorno: in caso ci sia un lavoratore extracomunitario, il permesso di soggiorno viene prorogato di sei mesi, diventando della durata di 365 giorni.
Riforma delle pensioni, cosa è cambiato?
La riforma Fornero, dopo la sua approvazione, ha aumentato l’età pensionabile, portando a 66 anni il limite. Ma non c’è solo il limite anagrafico da dover rispettare: servono almeno 20 anni di contribuiti maturati presso l’ente pensionistico italiano o in alternativa 42 e 6 mesi di contributi versati.
Una riforma che ha fatto discutere sia per la complessità, sia per l’elevato limite d’età. Una discussione rovente e contraddittoria che ha portato al referendum del gennaio 2015 avanzato dalla Lega Nord e successivamente rifiutato dalla Corte Costituzionale: uno scontro pesante, conclusosi con insulti e accuse da parte delle opposizioni.
Una legge incostituzionale
Ma il punto di svolta c’è stato nel mese di aprile, quando la Consulta ha deciso di dichiarare incostituzionale l’intera riforma Fornero relativa ai fondi pensionistici italiani. L’oggetto di discussione è stato il blocco delle pensioni che superano il limite di tre volte della quota minima: il problema riscontrato riguarda l’adeguamento della singola pensione, atta a garantire la sussistenza minima in funzione dell’attuale potere della moneta e non solamente all’anno relativo dell’inizio del pensionamento.
Serve dunque la giusta idoneità della cifra relativa all’assegno mensile che sia strettamente connessa con il costo della vita.
Legge Fornero, le possibili modifiche
In questo ultimo periodo, il rimborso delle pensioni ha capitalizzato l’attenzione dell’opinione pubblica. Ma in cosa consiste tale rimborso? Senza ulteriori giri di parole, il Governo dovrà restituire i soldi bloccati durante il biennio 2012/2013.
Questa ulteriore mossa per coprire la falla della Legge Fornero costerà all’ Italia ben 10 miliardi di euro. Nel frattempo però, si medita ad una modifica sostanziale di tutto il pacchetto riformistico. Il premier Matteo Renzi sta pensando di apportare dei cambiamenti relativi al limite anagrafico: pensione a 61 anni di età, senza perdere cifre importanti sulla quota dell’assegno previdenziale.
Un benefit che riguarderà anche le aziende, evitando di portare avanti rapporti di lavoro ormai logori. Senza dimenticare il problema esodati, che verrebbe risolto definitivamente. Il problema relativo alle pensioni continua ad andare a rilento proprio per il suo enorme costo: la spesa pubblica potrebbe risentirne gravemente.
Bisogna dunque evitare l’ennesima manovra, soprattutto per non ritrovarsi divieti da parte dell’ Europa e commettere ulteriori errori.