La candidatura del caffè espresso
“In Italia il caffè è molto di più di una semplice bevanda: è un vero e proprio rito, è parte integrante della nostra identità nazionale ed è espressione della nostra socialità che ci contraddistingue nel mondo“. Queste le parole del Sottosegretario alle Politiche agricole alimentari e forestali, Gian Marco Centinaio. “La tazzina dell’espresso rappresenta per tutti gli italiani un rito sociale e culturale che si riflette anche nella letteratura e che affascina tutto il Paese, da Napoli a Venezia a Trieste passando per Roma e Milano”.
In passato si era assistito ad una lite tra nord e sud su questo tema: un accademico che ha lavorato alla gara della Campania ha denunciato la domanda del consorzio di Treviso come “un atto di guerra del nord contro il sud”, mentre il fondatore del consorzio Giorgio Caballini denunciò il tentativo di Napoli di affermare la proprietà sull’italiano espresso come “inaccettabile” (fonte).
Le candidature di Napoli e Treviso
Il battibecco è culminato con il comitato italiano dell’Unesco che ha rifiutato entrambe le candidature e ha detto ai gruppi di candidarsi nuovamente come fronte unito l’anno successivo. Questa volta, sembra che le fazioni in guerra siano riuscite a risolvere le loro divergenze.
Dopo mesi di discussioni, pare si sia riuscito a trovare una sintesi tra le due proposte che erano state presentate e che in un primo momento sembravano inconciliabili. Da specificare che il riconoscimento Unesco “Patrimonio Immateriale dell’Umanità” voluto dall’Italia non è per la bevanda espresso in sé, ma per il processo tradizionale con cui viene prodotto.