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Legge sugli stadi: una querelle tutta italiana

La legge sui nuovi stadi s’ha da fare; anzi, no. Prosegue il tira e molla relativo alla proposta normativa sui nuovi impianti sportivi che tanto sta appassionando in queste ore i numerosi calciofili di tutta Italia. E che, soprattutto, interessa da molto vicino numerose società calcistiche che da tempo attendono delucidazioni al riguardo per  dare eventualmente il via ad un progetto per un nuovo stadio di proprietà.
Si perché in Italia come sempre le cose non sono mai semplici ed immediate ma preferiscono prendere strade più lunghe e tortuose; tant’è.
Nelle scorse ore era stato presentato una bozza di emendamento del Governo alla legge di stabilità per la realizzazione di stadi con centri commerciali e residenziali più o meno attigui; tale emendamento andava a prevedere il rifinanziamento del fondo-stadi includendo incentivi per la costruzione di impianti da parte dei privati o per ammodernare le strutture esistenti. Un totale di 45 milioni di euro distribuiti in tre anni in questa maniera: 10 milioni per il 2014, 15 milioni per il 2015 e 20 milioni per il 2016.

 

Legge sugli stadi: i casi Roma e Inter

Una proposta per costruire in tempi brevi, abbattendo le lungaggini burocratiche, nuovi stadi o per ammodernare i vecchi già esistenti rendendoli ecosostenibili, polifunzionali, destinati ad accogliere le famiglie e rimanendo sempre aperti: non soltanto in concomitanza di una partita di calcio. Il tutto come detto in un tempo ragionevole e non all’italiana: anche perché per la prima volta nella storia del calcio italiano si stanno affacciando nel nostro campionato investitori stranieri che potrebbero portare, oltre ad una ventata di aria fresca, anche una boccata di ossigeno per quello che è un settore che sta anch’esso accusando la crisi ed i cui fasti passati sono ormai un lontano ricordo.
È il caso della As Roma, che nell’estate del 2011 è passata nelle mani di un gruppo imprenditoriale statunitense guidato inizialmente da Thomas Di Benedetto e successivamente da James Pallotta (As Roma per la quale, tra l’altro, si continua a vociferare di un imminente ingresso societario di altri capitali stranieri probabilmente dalla Cina); e dell’ Inter la cui maggioranza del pacchetto azionario (il 70%) è passato nel novembre 2013 dalle mani di Massimo Moratti ad una società indonesiana posseduta da Erick Thohir. Un’ operazione da circa 300 milioni di euro. Non una sciocchezza. 

 

Il businness dello stadio di proprietà:

Per questo, dando per assodato che il calcio, piaccia o no, è una delle principale aziende del paese, favorire l’ingresso di capitali stranieri dovrebbe essere più che mai un obiettivo da perseguire. E, cosa ormai evidente, i grossi investitori stranieri sono interessati ad investire nel calcio italiano solo con precise garanzie sulla possibilità di poter costruire uno stadio di proprietà; così come non sembrano digerire a cuor leggero la lunga e tortuosa burocrazia nostrana.
Quello della costruzione di nuovi stadi potrebbe essere un gran bel business in grado di rimettere parzialmente in moto un intero settore; basti pensare che, solo in Serie A, sono circa una dozzina le società che sarebbero interessate a costruire uno stadio nuovo o ammodernare quello già esistente. Un investimento di privati che, secondo alcuni, potrebbe arrivare addirittura ad 8 miliardi di euro nei prossimi 4 anni.
Tornando all’attualità ed alla bozza di emendamento del Governo alla legge di stabilità per la realizzazione di stadi, che il premier Enrico Letta aveva annunciato al Coni e che lo stesso vice premier Angiolino Alfano aveva ribadito in Lega calcio, nel testo presentato veniva anche fatto riferimento all’eventualità che «l’intervento possa prevedere uno o più impianti sportivi nonché insediamenti edilizi o interventi urbanistici entrambi di qualunque ambito o destinazione anche non contigui agli impianti sportivi».

 

Rischio di speculazione edilizia:

Postilla quest’ultima che ha scatenato polemiche trasversali e rigide prese di posizione da parte di diversi partiti; quasi tutti concordi nel vedere in questo emendamento un potenziale rischio di speculazione edilizia e di una cementificazione selvaggia. Al punto che al momento è tutto fermo ed il Governo sta valutando una eventuale modifica dell’emendamento per venire incontro alle critiche.
Certo vivendo in Italia è quantomeno giustificabile che in molti abbiano avuto il sospetto di potenziali abusi edilizi; altrettanto certo è che, per quanto detto sopra, una legge per la costruzione di stadi è un qualcosa che si attende da tempo e che porterebbe notevole giovamento anche da un punto di vista economico. Ma per farsi uno stadio, è bene sottolinearlo, una apposita legge non è indispensabile.

 

Il caso dello Juventus Stadium:

Costruire uno stadio non è vietato; la Juventus, unica tra le squadre di A, l’ha fatto (lo Juventus Stadium, che ospita le partite dei bianconeri dalla stagione 2011-2012); 120 milioni di euro è stato il costo per la realizzazione dello Juventus Stadium che è sorto sulla stessa area del pre-esistente, e demolito, stadio Delle Alpi. Il progetto risaliva al 2008 ed ha richiesto quindi una discreta dose di tempo dalla progettazione alla fine dei lavori. Molto più di quanto, ad esempio, ne occorre all’estero.
La Juventus quindi si è costruita il proprio stadio al di fuori di una legge che tarda ad arrivare, agendo in autonomia; il suo esempio lo stanno seguendo altre società di Seria A. Come l’ Udinese ad esempio, che a breve farà partire i lavori per il nuovo stadio Friuli che sarà costruito con l’aiuto del Comune e il club lo avrà in gestione per 99 anni secondo il canone della concessione del diritto di superficie.
In attesa di una legge che sarebbe più che mai manna dal cielo si agisce poco ed in autonomia; una regolamentazione sarebbe indubbiamente ben accetta. E chissà che questa volta non sia quella buona.

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Scritto da

Giornalista indipendente, web writer, fondatore e direttore del giornale online La Vera Cronaca e del progetto Professione Scrittura

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