Problematiche del libero professionista:
Tra l’altro, lamentano i professionisti, il lavoro è caratterizzato da una forte intermittenza che contribuisce ad alternare periodi di operosità ad altri di inattività generando anche notevoli problematiche a livello di accesso la credito. Sempre nel campo strettamente economico, un altro fattore di criticità è rappresentato dalle lunghe attese per ricevere i pagamenti; più del 60% dichiara di esser costretto ad aspettare oltre 60 giorni a partire dalla data di emissione della fattura.
Ma non finisce qui: se in passato quella di diventare lavoratore professionista era vista più che mai come una scelta valutata e ponderata, ad oggi la condizione di autonomo è considerata tale, quindi volontaria, per il 44,9% dei casi. Per il 46,6% è invece la modalità consolidata nel mercato, come dire un bisogno di adeguarsi, mentre per il restante 8,5% ha rappresentato una richiesta esplicita da parte del proprio datore di lavoro.
In sostanza, come afferma la ricerca Ires, negli ultimi anni si è assistito ad una alterazione degli equilibri economici e sociali nel campo del lavoro autonomo e professionale che ha indebolito i rapporti di forza che consentivano al singolo professionista o lavoratore autonomo di poter agire sul mercato con sufficiente capacità contrattuale.
Identikit del lavoratore autonomo:
A seguito di questa situazione, che è esplosa negli ultimi 20 anni, è possibile ora tracciare un identikit della figura del professionista autonomo distinguendo 3 diverse tipologie:
- i professionisti precari, che sono il 20% ed a forte rischio di precarietà;
- i professionisti a bassa tutela, che sono quasi il 69% del totale;
- ed infine la parte minore rappresentata dai professionisti affermati, quelli che possono vantare una condizione professionale ed economica migliore degli altri professionisti.
Da segnalare come per la quasi totalità degli intervistati (81%) risulti assai difficile conciliare la vita lavorativa con quella familiare, così come una percentuale identica (81%) lamenti una difficoltà di accesso ai servizi pubblici andando a puntare il dito su una mancanza di supporto sociale verso queste categorie lavorative.
Ultimo dato, non certo per importanza, che estrapoliamo dallo studio Ires riguarda i titoli di studio: tutti gli intervistati risultano possederne di elevati, quasi l’80% di loro ha almeno una laurea, il 17% anche una specializzazione, un master o un dottorato. Segno tangibile che, ora come ora, il caro vecchio ‘pezzo di carta’ non è più garanzia assoluta di un lavoro che sia adeguato e corrispondente alle proprie aspettative.