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La laurea? In Italia non vale niente e non aiuta a trovare lavoro

In Italia la laurea vale sempre meno per entrare nel mercato del lavoro; e se il discorso poteva un tempo riguardare solo alcune lauree, oggi la crisi coinvolge anche quelle cosiddette ‘forti’ come ingegneria e medicina.
Il dato, che ha più il sapore di una conferma su un aspetto già abbastanza noto, è stato certificato dal XV Rapporto di Almalaurea sulla condizione occupazionale dei laureati; l’indagine ha coinvolto oltre 400mila laureati post-riforma di 64 atenei ed ha preso in esame le principali caratteristiche della condizione occupazionale dei giovani che si sono laureati negli anni 2011, 2009, 2007, intervistati ad 1, 3 e 5 anni di distanza dall’ acquisizione del titolo.
Ebbene, come detto ad emergere è una realtà piuttosto preoccupante nella quale si nota una contrazione della stabilità lavorativa dei laureati a partire dall’anno 2008.
La crisi economica, che ha trasformato il mercato del lavoro rendendolo estremamente precario, ha naturalmente influito su questo risultato che evidenzia un deterioramento delle performance occupazionali dei laureati italiani.
Entrando nello specifico, soltanto il 41% degli occupati laureati (laurea di primo livello) e il 34% dei laureati specialistici ha un lavoro stabile a distanza di un anno dal conseguimento del titolo; un dato in decrescita rispetto al passato, dovuto principalmente al crollo dei contratti a tempo indeterminato (-13 punti tra i laureati triennali, – 8 punti tra gli specialistici, – 4 tra quelli a ciclo unici).

 

Cala il tasso di occupazione dei laureati:

Focalizzandoci esclusivamente sull’ultimo anno, il calo del tasso di occupazione dei laureati riguarda non soltanto i neo-laureati (o in generale i laureati da poco tempo) ma anche quelli che la laurea l’hanno conseguita già da un po’: rispetto alla stessa indagine eseguita nel 2008, la stabilità lavorativa ha subìto una contrazione pari a 10 punti per le lauree triennali e 6 punti per le specialistiche.
Un po’ meglio è andata per i ‘colleghi’ delle lauree a ciclo unico che hanno visto una riduzione di soli 3 punti. In linea generale, la tendenza riscontrata per coloro che escono dall’università è quella di una minor stabilità lavorativa, stipendi bassi e aumento di lavori non regolamentati da alcun contratto (il fenomeno del lavoro nero riguarda il 7% dei laureati di primo livello e specialistici, e il 12,5% di laureati a ciclo unico).
Parlando degli stipendi, ad un anno dal conseguimento del pezzo di carta le retribuzioni superano di poco i 1.000 euro netti al mese con una contrazione netta dell’ 8%% tra i triennali e al 5% tra gli specialistici rispetto alla rilevazione precedente; allargando il confronto al quadriennio 2008 – 2012 si scopre che le retribuzioni reali sono diminuite per tutti i tipi di laurea del 16-18%.

 

Crolla il mito di ingegneria come laurea sicura:

Dati esplicativi di una notevole svalutazione del pezzo di carta, ma che riguardano una fetta di laureati che può pur sempre ritenersi fortunata; tra chi consegue la laurea sono infatti in aumento i disoccupati che passano dal 19% al 23 % (per quanto riguarda le lauree triennali) e dal 20% al 21% per quel che riguarda le lauree più lunghe.
In quest’ultimo elenco sono annoverate anche lauree ‘pesanti’ come ad esempio medicina, architettura, veterinaria, giurisprudenza e cicli di studio un tempo ritenuti vantaggiosi per un miglior posizionamento nel mercato del lavoro, vedi ingegneria. Come dire, se anche gli ingegneri possono dire addio a quello che un tempo era un posto di lavoro sicuro, siamo messi male.
E questo indubbiamente è più di un campanello di allarme, un chiaro segnale di una deriva che sembra inarrestabile e che porta, oltre a tutto quanto fin qui descritto in termini di dati e numeri, ad un’ inevitabile dispersione, per il nostro paese, di capitale umano anche di eccellenza.
Capitale umano che spesso, come ormai acclarato, per trovare un lavoro all’altezza delle proprie potenzialità è costretto ad emigrare verso lidi più favorevoli andando ad impoverire ulteriormente un’ Italia già abbastanza allo sbando.

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