Città con il più alto tasso di disoccupazione femminile:
Spostandosi verso nord i dati mutano radicalmente: il territorio italiano con il più alto tasso di occupazione femminile ad esempio risulta essere la Provincia Autonoma di Bolzano dove si raggiunge un 63%. Al secondo posto l`Emilia-Romagna con un tasso di occupazione femminile pari al 60,9%; terza classificata tra le regioni più virtuose, la Valle d`Aosta con il 60,8%.
Differenza marcate tra nord e sud che si rispecchiano anche nei dati relativi alle singole province: la maglia nera per tasso di inattività delle donne va a Napoli (72% di donne senza lavoro, dato altissimo); seguono Caserta con il 70,7% e Foggia di poco sotto con 70,4%.
La provincia nella quale le donne hanno il più basso tasso di inattività è Ravenna (30,8%) seguita da Bologna con il 32,1% e Ferrara con il 33,1%; un tris da far invidia quello proposta dall’Emilia Romagna.
Importante tuttavia segnalare come, pur in un contesto così critico dal punto di vista lavorativo, l’Italia abbia il primato in Europa per maggior numero di imprenditrici e lavoratrici autonome: sono 1.565.400 (in particolare imprenditrici artigiane, che sono 367.895), pari al 16,4 delle donne occupate nel nostro Paese. La media europea è del 10,3%.
Perchè le donne non lavorano?
Un quadro piuttosto chiaro ed esplicativo che pone la lente su un problema importante mettendo altresì in evidenza la profonda spaccatura tra nord e sud; una differenza, quella tra settentrione e meridione, specchio di un paese a due velocità, più volte rimarcata e che riguarda molteplici campi di interesse (Italia e ricchezza: spaccatura tra Nord e Sud).
Tornando alla condizione delle donne in riferimento all’occupazione ed ai dati forniti dall’ Osservatorio sull’imprenditoria femminile, è importante chiedersi cosa sia a tenere lontane le donne dal mondo del lavoro; secondo il rapporto, il primo ostacolo è rappresentato dalla mancanza di servizi adeguati di welfare che dovrebbero favorire una conciliazione tra l’attività lavorativa e la contemporanea cura della famiglia. Si parla in sostanza di stereotipi sociali e retaggi culturali che porterebbero all’esclusione in ambito lavorativo.
Al riguardo, sempre secondo l’Ufficio studi di Confartigianato la spesa pubblica per la famiglia nel nostro paese è tra le più basse d’Europa; nel 2011 è stata pari al 4,6% dei 449,9 miliardi di spesa totale per la protezione sociale. Inoltre dal 2007 risulta essere, all’interno delle varie voci di spesa di welfare, quella che è cresciuta meno.