La Ue riconosce il Prosek croato
L’industria del Prosecco ha combattuto già in passato contro una miriade di altre situazioni similari fatte, talvolta, anche di contraffazioni come nel caso dei vari Meer-secco, Whitesecco, Crisecco, Champanillo, nomi invece banditi dalla Ue. Una fetta significativa dell’economia nostrana è costruita su prodotti tipicamente italiani con nomi, e suoni, protetti da imitazioni. Se l’Ue ha permesso Prosek, potrebbe essere un precedente molto rischioso.
Come riporta il sito dell’Ansa, “Sono state convocate dal ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli il prossimo 5 ottobre alle ore 12 le Organizzazioni della Filiera vitivinicola per un confronto sulle priorità e le tematiche urgenti del settore, tra cui la questione del Prošek croato, su cui il Mipaaf ha già attivato uno specifico tavolo tecnico.”
Un precedente pericoloso
E così i produttori di Prosecco e i funzionari locali si sono uniti al governo italiano per schiacciare il Prosek. L’argomento è che il riconoscimento da parte di Bruxelles confonderebbe i consumatori e creerebbe un pericoloso precedente. Ad essere d’accordo la maggior parte dei produttori, ma non tutti.
In una cantina in pietra sulla collina di Valdobbiadene, Enrico Bortolomiol, Gran Maestro della Confraternita di Valdobbiadene, una venerata società di produttori di Prosecco della tradizionale casa del vino sulle colline del territorio, ha sostenuto che il conflitto sul vino croato offriva una rara possibilità di portare avanti un programma radicale: era giunto il momento di abbandonare il nome Prosecco. Secondo lui il termine Prosecco sarebbe diventato un “nome generico” per molte bevande alcoliche a base di bollicine e per il quale non varrebbe più la pena fare battaglia a difesa del nome.