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Italia pronta per la banda ultralarga? Di cosa si tratta

In questi giorni se ne è sentito parlare tanto, grazie alle dichiarazioni ufficiali di Renzi ed ai famosi 2,2 miliardi stanziati per il piano comunicazione presentato a marzo: la banda larga, o meglio la banda ultralarga, sogno proibito dei numerosissimi italiani amanti della super velocità in rete, che dall’arretratezza tecnologica del Bel paese guardano con invidia all’estero, dove è già una realtà.
Pro gamers, nerds, start-up all’avanguardia, giovani dalle mille idee imprenditoriali e persino proprietari di ristoranti o di case sperdute nelle cosiddette aree a fallimento di mercato: una nazione intera costretta a fare i conti con il solito, ennesimo ritardo che costringe la nostra politica a fare compromessi con i privati pur di rispettare quelli che sono i dettami dell’Unione Europea. E, intanto, l’Italia non cresce.

 

 

Cos’è la banda ultralarga:

Prima di parlare del piano di Renzi, di cosa cambierebbe agli italiani e dei problemi che stanno sorgendo per la creazione di una rete super veloce, occorre spiegare cos’è la banda ultralarga: pur non esistendo legislazioni europee in grado di definire il significato del termine, per banda ultralarga s’intende generalmente un sistema di cavi in grado di trasmettere 100 megabit per secondo simmetrici, ovvero sia in entrata che in uscita.
In Italia, oggi, i famosi 100 Mbps in download/upload sono una chimera: la Telecom, ad esempio, riesce a garantire al massimo 30 Mbps grazie alla fibra ottica, ma solo sul 21% del territorio (con un 40% di ritardo rispetto la media europea).
La banda ultralarga, a dispetto di quanto si possa pensare, non è una tecnologia: quando si parla di super velocità si parla di dati, la cui trasmissione può avvenire in modi diversi. Ed è qui che sorgono i primi problemi.

 

I problemi della banda ultralarga in Italia:

Il fatto che nessuna società di telecomunicazione, in Italia, abbia programmato un progetto per portare la banda ultralarga nelle nostre case non è affatto casuale: la Telecom, ad esempio, possiede 35 milioni di chilometri di cavi in rame del valore di oltre 15 miliardi di euro. internet
Ed il rame, per la cronaca, non si sposa perfettamente con la super velocità: utilizzando il doppino in rame delle linee telefoniche si perde qualità e velocità del segnale, soprattutto se gli armadietti da strada sono distanti dalle abitazioni. La fibra è oggi la soluzione migliore al problema, ma solo se portata direttamente a casa nostra: la cosiddetta Ftth (fiber to the home) ha però un costo, e per la Telecom (o qualsiasi altro operatore) significherebbe collegare milioni di palazzi e rinunciare al suo enorme patrimonio in rame.
Proprio per questo motivo il colosso delle telecomunicazioni ha tergiversato sul problema, spingendo verso soluzioni ibride (Vdsl, G.fast e Vectoring) che permetterebbero di avere la banda ultralarga riducendo significativamente le interferenze dovute al rame.

 

Il decreto di Renzi e le promesse super veloci

Dopo mesi di vuoto informativo e di staticità politica, dopo il tentativo di Renzi di coinvolgere solo l’Enel e di costringere la Telecom a chiudere la sua struttura di rame, il 6 agosto il Premier è uscito allo scoperto dichiarando di aver staccato il primo assegno di 2,2 miliardi di euro proprio alla Telecom.
Durante l’incontro con Vincent Bolloré, nuovo azionista di riferimento di Telecom Italia, Renzi ha posato la prima pietra per avviare la costruzione della nuova rete in fibra nelle aree a fallimento di mercato, ovvero quelle aree attualmente scoperte data la loro scarsa appetibilità di mercato.
Quei 2,2 miliardi, come dichiarato dallo stesso Renzi, fanno parte di un piano d’investimenti valevole 12 miliardi, di cui 5 privati e 7 pubblici: un cospicuo impegno che, stando alle promesse, porterà la copertura della banda ultralarga nell’85% del territorio entro il 2020, garantendo almeno i 30 Mbps a tutta la popolazione entro il 2016. In realtà, ad oggi, non v’è nessuna certezza.

Il problema dell’ Unione Europea:

Lo stanziamento avvenuto il 6 agosto era già stato ampiamente programmato da mesi e rientra nel piano dei collegamenti in fibra nei territori in cui la fibra non c’è mai stata: significa, in parole povere, cominciare a costruire la nuova fibra nei territori dove l’Unione Europea può approvare gli stanziamenti senza creare problemi. digital-divide
Perché i veri problemi, che rischiano di rallentare ulteriormente la super velocità, riguardano proprio le aree in cui la fibra è già presente: la Commissione europea, infatti, non consentirebbe finanziamenti statali ad enti privati (la Telecom) che hanno già installato gli armadietti per le strade e non avrebbero alcun interesse a portare la fibra direttamente nelle case.
Il dialogo formale con la Commissione europea si avrà solo in primavera, per cui non resta che attendere quella data per avere ulteriori news sulla banda ultralarga.

Cosa cambia agli italiani: dal digital divide alla concorrenza europea

Lo sviluppo della banda ultralarga porterebbe enormi benefici agli italiani, sia a livello pratico che imprenditoriale: dall’annullamento del fastidioso buffering alle videoconferenze in tempo reale, dalla telemedicina alla possibilità di sfruttare connessioni ultraveloci per sviluppare nuovi progetti innovativi.
Soprattutto significherebbe democrazia: la possibilità, per tutti gli italiani, di godere della stessa velocità di connessione e dunque delle stesse possibilità, superando quel digital divide che diventa sempre più marcato fra paesi diversi e zone dello stesso paese. Per non parlare delle aziende, finalmente in grado di competere con quelle straniere in quanto a produttività e sbocchi di mercato.

Pubblicato in Archivio Notizie

Scritto da

Giornalista di inchiesta, blogger e rivoluzionario

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