In questo articolo parliamo di:
I furti negli appartamenti:
Il segmento che nel complessivo mercato del furto è cresciuto di più, circa del 114%, negli ultimi otto anni è per l’appunto quello dei furti in appartamento che in termini di denunce ha raggiunto il fantasmagorico numero di 240.000. Un vero boom.
Dicono i bene informati e quelli che sanno far di conto che si ha praticamente un furto in appartamento al minuto. Forse un record. Certo non è di quelli di cui andarsene fieri. Però così è. Il fatto strano, ma poi forse neanche tanto è che le regioni leader del segmento sono la Lombardia, il Piemonte e l’Emilia Romagna mentre stranamente la Campania, la Calabria e la Sicilia veleggiano nelle parti bassa della classifica. Qualche volta essere tra gli ultimi non va poi così male.
Sempre a detta degli esperti la crisi sembra incidere poco nell’incremento dei furti in appartamento. Pare infatti che chi si vuole impiegare in questo settore di attività debba avere una qualche specializzazione che chi fino al giorno prima faceva l’impiegato o l’operaio o il precario di certo non ha. E poi come ben si sa la specializzazione si acquisisce con l’esperienza che richiede tempo ed applicazione. Chi patisce la crisi non è specializzato e proprio non ha le capacità tecniche per questo tipo di attività.
Il neo disoccupato al massimo, quando è ridotto proprio proprio alla disperazione, si impiega nei segmenti che richiedono meno competenza e quindi scippi, furtarelli per strada, o nei supermercati. E peraltro sono quelli che vengono beccati con più facilità e che in genere finiscono dietro le sbarre in tempi brevi. E lì stanno anche perché normalmente non hanno nella loro rubrica il numero di cellulare della Cancellieri.
E per sfortuna massima non conoscono neanche uno dei tanti Ligresti a cui chiederlo. Forse per tutto questo la percentuale di incremento del segmento si attesta, fortunatamente, su un miserrimo 4%.
Le ruberie della politica:
Di ruberie si parla finanche nel mondo della politica, forse l’unico che la crisi non ha toccato, anche se lì il fenomeno assume contorni più sfumati sia per le dimensioni sia per le sue definizioni. Che già specificare il reato non è così semplice poiché si va dal peculato alla truffa al finanziamento illecito e qualche volta addirittura all’appropriazione indebita.
C’è da scegliere e talvolta troppa scelta non aiuta. Anche se la zuppa poi è sempre la stessa: trasferimento di denaro dal legittimo proprietario, in questo caso, pubblico a improprie tasche private.
Poi c’è lo spinoso fatto del reo e delle sue giustificazioni. Infatti quando le forze dell’ordine riescono finalmente a beccare il malfattore (che a chiamarlo delinquente mancano i tre gradi di giudizio e magari il ricorso alla Corte europea) si aprono comportamenti diversi a seconda che questi sia un comune mortale o uno sfiorato dalla voglia di voler far del bene al Paese ovvero un politico.
Nel primo caso il presunto reo dopo l’ovvio «non sono stato io» tutt’al più dice che quel giorno e a quell’ora era da un’altra parte. Già, perché tutti ricordano perfettamente l’insegnamento dell’Armando (Iannacci docet) «commissario io ci ho l’alibi a quell’ora sono sempre all’osteria», ma non sempre questo regge. E quando non regge le proteste scemano e i più fanno la media con le volte in cui l’hanno fatta franca e si rassegnano. A volte c’è il sospetto che il saldo sia abbondantemente a loro favore.
Giustificazioni dei politici scoperti a rubare:
Di tutt’altro tenore sono le giustificazioni dei politici, sempre evanescenti, sfumate e complicate. Ma soprattutto non s’arrendono mai. Verrebbe da dire neppure all’evidenza. In questo caso la parola chiave è: complotto, neanche fossero novelli Giulio Cesare. Peccato che il Bruto e il Cassio non li si trovi mai. E allora ripiegano sulle segretarie che sono pasticcione e incapaci di mettere in fila gli scontrini ricevuti dal capo.
Poi c’è chi proclama «posso spiegare tutto. Non è quello che sembra» per cui salta fuori il dono dell’ubiquità che come alibi è tutto un programma, e chi giustifica i pluriquotidiani pasti con la scusa di ospitare il verme solitario fino a quelli si scoprono proprietari di beni al sole o di vacanze superesclusive a loro insaputa (che molti vorrebbe gli capitasse, ma non gli succede mai). E poi anche chi ricordandosi le montagne verdi di Marcella Bella si ritrova tra le mani gli scontrini di mutande verdi. Sic transeat gloria mundi.
Che poi se si risparmiasse qualche soldo da vitalizzi, doppie e triple pensioni o stipendi e magari anche da talune spese scriteriate (che anche lo zio di Bonanni saprebbe individuare) e lo si investisse per pagare la benzina a chi deve correr dietro ai ladri di ogni tipologia non sarebbe poi così male. Il buffo è che nessuno dichiara tanta fiducia nella magistratura come i politici. Salvo poi ritirarla a condanna comminata. Per i ladri comuni il fatto è più semplice: la magistratura è solo la controparte.