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Il Ministro più discusso del governo: l’utopia di Cecile Kyenge

Nata in Congo 49 anni fa ed arrivata in Italia da oltre 30 anni, ottiene la cittadinanza italiana nel 1993; si laurea in medicina all’università Cattolica di Roma e diventa oculista. Da aprile 2013 ha assunto la carica di Ministro per l’Integrazione nel governo Letta, primo ministro nero nella storia della Repubblica Italiana.
La figura di Cecile Kyenge continua a dividere l’opinione pubblica italiana, letteralmente spaccata tra chi ne critica l’operato e vede nella sua nomina una scelta puramente demagogica e chi, viceversa, la difende a spada tratta accusando l’Italia di essere un paese razzista.
Certo è che, da quando è stata nominata ministro, non passa giorno in cui Cecile Kyenge non finisca sulle prime pagine dei giornali per qualche frase, atteggiamento, comportamento o qualsiasi altra cosa la riguardi seppur indirettamente.
Si può quasi dire che Cecile Kyenge, Ministro dell’Integrazione con delega alle politiche giovanili (dopo l’abbandono della carica da parte di Josepa Idem) abbia ormai assunto le sembianze di un vip; non sappiamo se per volontà propria o per quella altrui, ma tant’è.
Lei, con ogni probabilità, quello che è il suo compito l’ha ben chiaro sin dal primo giorno del suo mandato ma non tutti hanno appieno compreso l’incarico di questo ministro fortemente voluto dal presidente Enrico Letta; in quattro mesi di iniziative, proposte, battaglie, conferenze stampa e ricevimenti il ministro-oculista modenese di adozione è stata spesso al centro delle cronache più per fatti legati a presunti insulti razzisti che non per il suo reale operato.

 

La Kyenge e gli episodi di razzismo:

Facendo un breve riepilogo, viene in mente l’episodio del leghista Calderoli che l’ha paragonata ad un “orango” (scusandosi in seguito per questa battuta); un vice-sindaco di un paesino in provincia di Imperia sul proprio profilo di Facebook l’aveva etichettata come ‘prostituta’ (salvo poi scusarsi anch’egli); a Ravenna durante una festa del Pd era stata accolta con lanci di banane e manichini insanguinati contro lo ius soli (di cui è grande fautrice); di quest’episodio era stata accusata Forza Nuova che ha tuttavia negato ogni responsabilità.
Si è anche detto spesso che il ministero presieduto dalla Kyenge sarebbe inutile e di conseguenza potrebbe esserne opportuna la abolizione; la curiosità su quale sia la reale funzione di questo recente ministero che sostituisce le funzioni di quello precedente e su compiti abbia sono più che legittime.
Il Ministero dell’Integrazione è un ministro senza portafoglio del Governo Italiano apparso con il governo Monti nel 2011 con il nome di Ministro per la Cooperazione Internazionale e l’Integrazione; il successivo governo di Enrico Letta ha mantenuto una parte di quella denominazione e l’ha mantenuto tra i ministeri senza portafoglio sotto la dicitura di Ministero dell’Integrazione.
Tra gli obiettivi che il ministro Kyenge si pone di perseguire non vi è soltanto quello dello Ius Soli (ovvero, il diritto di cittadinanza per chi nasce sul suolo italiano), ma una migliore ottica di coesione sociale fra razze diverse con il compito di rimuovere le forme e le cause di discriminazione religiosa, razziale ed etnica.

 

Che obiettivi ha un ministro dell’Integrazione?

Più precisamente, prendendo a riferimento la Gazzetta Ufficiale del 12 luglio 2013, il Ministero dell’Integrazione è definito come “ministero senza portafoglio con le funzioni di promuovere iniziative nelle politiche settoriali d’integrazione e immigrazione; coordinare le azioni di governo volte a prevenire le forme di discriminazione razziale; esercitare le funzioni d’indirizzo e coordinamento per adozioni dei minori italiani e stranieri; proporre attività d’indirizzo per l’attuazione della strategia nazionale d’inclusione dei Rom, Sinti e Caminanti”.
Si potrebbe osservare che i compiti affidatele dal Presidente del Consiglio Letta probabilmente non sono ben chiari nemmeno a chi il governo lo sostiene; in questi quattro mesi il ministro Kyenge non è riuscita ancora a concretizzare molto dei suoi progetti.
Sta indubbiamente tentando di sensibilizzare l’opinione pubblica sullo Ius Soli ma fino ad ora, eccetto alcuni fondi per il rilancio del servizio civile nazionale con il fine di impegnare giovani alla partecipazione di cooperative sociali ed internazionali, altri risultati non si sono ottenuti.
Chissà se il motivo non sia da ricercare anche in questa infinita cerchia di polemiche e botta e risposta a cui il ministro spesso ha preferito non rispondere lasciando correre; una condizione, quella dell’eterno scontro, che rende più difficile lavorare per arrivare a quei risultati che vorrebbe ottenere. Vale a dire un’ idea di cittadinanza che vada oltre la nazionalità in un’ottica più moderna e basata sui dati demografici dell’ultimo decennio.
Idea che cozza irrimediabilmente con quella di gran parte dell’opinione pubblica italiana, forse in questo ancora molto conservatrice, e che rischia di far passare la nomina del ministro Kyenge come operazione esclusivamente di facciata.

Pubblicato in Archivio Notizie

Scritto da

Giornalista di inchiesta, blogger e rivoluzionario

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