Medici in fuga verso l’estero:
Camici in fuga quindi; a leggere i numeri degli ultimi anni sono in aumento le richieste rivolte da medici, dentisti, veterinari e farmacisti al Ministero ed aventi come oggetto la richiesta dei documenti necessari (ovvero l’attestato di conformità Ue) per poter lavorare all’estero in un altro paese Ue. Parlando in termini numerici per meglio comprendere la portata del fenomeno, dal 2009 al 2012 si è riscontrato un incremento del 40% di queste richieste al Ministero; in questa fascia temporale sono giunte al Ministero della Salute circa 5mila richieste di documenti utili a svolgere l’attività all’estero. E se queste richieste erano state 1.017 nel 2009, per la fine dell’anno tutt’ora in corso (2013) dovrebbero oltrepassare la soglia delle 1.600 (nel 2011 erano state 1.201, nel 2012 si era saliti a 1.413).
Un incremento sostanziale e costante e che vede tra i paesi più gettonati quali mete di approdo per i camici bianchi in fuga la Gran Bretagna, la Germania, la Danimarca ed anche la Svezia. Ed in particolare la Gran Bretagna sembrerebbe essere la meta privilegiata per i medici italiani che decidono di andare all’ estero ad esercitare la professione; in molti casi il viaggio viene anche anticipato spostandosi in terra inglese ad ultimare la scuola di specializzazione.
A sentire i pareri di chi ha deciso di compiere questo passo, in Gran Bretagna si può aspirare a stipendi più allettanti che qui in Italia (questo vale soprattutto per gli specializzandi e per i primi anni di lavoro); si può contare su una formazione più ‘pratica’ e meno ‘teorica’; e, fattore determinante, lì vi sarebbe una grande richiesta di medici a fronte di una carenza registrata negli ultimi anni.
Motivi economici e prospettive:
Non solo motivi strettamente economici quindi, ma anche di migliori prospettive e condizioni e maggior certezza per il futuro. Perché in Italia, parlando di sanità pubblica, la situazione è estremamente delicata: le aziende sanitarie difficilmente possono assumere ed anche i medici si trovano a dover combattere con il precariato. Né tantomeno va meglio a chi volesse provare a mettersi in proprio aprendosi uno studio privato; i costi sono altissimi, la tassazione è, come in tutti i settori italiani, estremamente pressante e tutto questo a fronte di entrate in continuo calo per via della ristrettezza economica ed incassi non certamente paragonabili a quelli cui si poteva aspirare in passato.
Tutti motivi che spingono sempre più i giovani camici bianchi a tentare la via dell’estero; compresi i farmacisti, un tempo considerati al pari di una casta al riparo da ogni crisi e adesso allettati da migliori opportunità di carriera oltre frontiera al punto che sempre più atenei offrono informazioni e guide per i laureati in farmacia che volessere tentare l’avventura all’estero.
Una deriva che va rinvigorendosi sempre più e che non può esser vista solo nell’ottica del libero mercato del lavoro e della possibilità per i professionisti di spostarsi all’interno dell’Ue; dietro ci sono evidenti ragioni di opportunità che sarebbe bene venissero colte e valutate. Pena il rischio di trovarci, da qui a qualche anno, senza più medici italiani a vigilare sulla nostra salute.