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Farmaci equivalenti o generici: cosa sono

Prese di posizione e parari discordanti fanno da contraltare all’ emendamento alla spending review in materia di farmaci generici: norma che è stata via via ammorbidita e che inizialmente prevedeva l’obbligo per il medico di prescrivere solo il principio attivo del farmaco qualora fossero esistiti equivalenti già in commercio.
La versione definitiva, rivista e meno drastica, dovrebbe prevedere che il medico sia tenuto si ad indicare nella ricetta del Servizio sanitario nazionale la sola denominazione del principio attivo contenuto nel farmaco, ma abbia facoltà di indicare altresì la denominazione di uno specifico medicinale a base dello stesso principio attivo.
Tale indicazione è vincolante per il farmacista ove in essa sia inserita, corredata obbligatoriamente di una sintetica motivazione, la clausola di non sostituibilità.
Una soluzione di compromesso a seguito delle numerose polemiche e proteste delle varie categorie che si erano sentite toccate dal provvedimento. Ma cosa sono esattamente questi farmaci equivalenti o generici? Cerchiamo di fare chiarezza su un argomento spesso trattato in maniera confusionale.

Definizione di farmaci generici o equivalenti:

Un farmaco equivalente o generico (inizialmente si utilizzava la parola ‘generico’ poi sostituita da ‘equivalente’ che rende meglio l’idea), in base alla definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità è un farmaco bio-equivalente alle specialità da cui deriva, e quindi perfettamente interscambiabile. Si tratta di medicinali il cui principio attivo non è più coperto da brevetto.
In sostanza, chi ‘scopre’ o ‘lancia’ un nuovo farmaco (una casa farmaceutica, ad esempio) ha giustamente diritto ad essere protetto da un brevetto che certifichi tale scoperta: in Italia prodotti farmaceutici sono diventati brevettabili nel 1978 grazie ad una sentenza della Corte Costituzionale, seguita dalla ratifica della Convenzione di Monaco, che ha istituito il brevetto europeo, e dall’emanazione del D.P.R. 338 del 1979, che ha permesso un adeguamento della normativa nazionale a quella europea.
La protezione brevettuale per un medicinale garantisce, come per tutte le altre invenzioni, la facoltà esclusiva di sfruttamento per vent’anni dalla data in cui è stata depositata la domanda: ma i brevetti prima o dopo scadono e una volta scaduto chiunque lo desideri (si parla naturalmente di aziende autorizzate) può ‘copiarla’ ed immettere sul mercato il medesimo prodotto senza dover pagare diritti allo scopritore. Naturalmente dovrà utilizzare, anziché il marchio, il nome del generico.

Differenze con i farmaci ‘griffati’:

È così che nasce un farmaco generico, medicinale ‘non griffato’ che consente un sostanziale risparmio a chi lo deve acquistare pur contenendo il medesimo principio attivo dell’originale: naturalmente un farmaco generico deve previo subire una serie di controlli e rispondere a determinati requisiti prima di esser commercializzati.
Rispetto alla specialità di riferimento quindi il medicinale equivalente deve: contenere la stessa quantità e qualità di principi attivi (sono ammesse solo piccole variazioni negli eccipienti); risultare bioequivalente farmacologicamente e cineticamente, ovvero uguale per assorbimento, livelli ematici, permanenza in circolo ed eliminazione; essere sovrapponibile per efficacia clinica; esser commercializzato senza marchio, con il nome del principio attivo seguito dal nome dell’Azienda, a un prezzo inferiore di almeno il 20%.
Oltre a dover presentare questi requisiti, il farmaco generico deve inoltre superare i medesimi controlli di qualsiasi altro medicinale prima di ottenere l’autorizzazione alla commercializzazione da parte del Ministero della Sanità. Quando un farmaco equivalente arriva in farmacia vuol dire che il Ministero della Salute ha accertato che il suo comportamento è perfettamente sovrapponibile (bioequivalente) a quello del medicinale di riferimento.
In definitiva quindi, si tratta di farmaci che devono rispondere agli stessi criteri di qualità, efficacia e sicurezza del farmaco originale oltre a doverne avere la medesima composizione quali-quantitativa in principio attivo e a dover soddisfare il principio di bioequivalenza con il medicinale di riferimento. Il fatto che vengano commercializzati ad un prezzo inferiore dell’equivalente, come sarà ormai chiaro, è dovuto al fatto che l’industria che lo produce non ha dovuto affrontare i costi della ricerca.

Legge sui farmaci generici e obblighi del farmacista:

Attualmente la regolamentazione di riferimento è la Legge 149/2005 si è definita in maniera inequivocabile la possibilità di sostituire il medicinale in farmacia con un equivalente di prezzo più basso anche per la fascia C: tale normativa prevede che: il farmacista al quale venga presentata una ricetta medica che contenga la prescrizione di un farmaco di classe C soggetto a ricetta medica è obbligato, sulla base della sua specifica competenza professionale, a:

  • informare il paziente dell’eventuale presenza in commercio di medicinali aventi uguale composizione in principi attivi, nonché forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio e dosaggio unitario uguali;
  • fornire, su richiesta del paziente, un medicinale avente prezzo più basso di quello del medicinale prescritto, qualora sulla ricetta non risulti apposta dal medico l’indicazione della non sostituibilità del farmaco prescritto; ai fini del confronto il prezzo è calcolato per unità posologica o quantità unitaria di principio attivo.

La normativa conclude che il farmacista dovrà attenersi alla legge in vigore che gli impone di fornire il farmaco equivalente di prezzo più basso salvo diversa richiesta del cliente, se il medico non ha indicato l’insostituibilità di un particolare medicinale. I farmaci equivalenti possono infatti essere prescritti soltanto dai medici con le stesse modalità utilizzate per i farmaci tradizionali, ovvero mediante ricetta S.S.N. per quelli di classe A; mediante ricetta “bianca” (ripetibile, non ripetibile ecc.) per quelli di classe C con obbligo di prescrizione.  Il medico può tuttavia dare l’indicazione dell’ insostituibilità di un dato farmaco indicandone il nome esatto, in tal caso non si ricorre all’equivalente.

Perchè in Italia i farmaci generici stentano a decollare:

In Italia quello dei farmaci equivalenti o generici è un concetto che stenta a ancora a prender piede e procede a rilento: il maggiore freno sembra essere di livello culturale, dovuto quindi ad una certa diffidenza verso tali medicinali che vengono visti, erroneamente, come prodotti di qualità inferiore rispetto a quelli di marca, quasi prodotti da discount.
Anche questo è il motivo per il quale il legislatore ha preferito sostituire l’iniziale denominazione di ‘generico’ (che poteva dare una visione distorta del farmaco) con il termine ‘equivalente’ che, viceversa, dovrebbe rendere meglio l’idea dell’ equivalenza rispetto all’originale griffato.
Questo rallentamento nella diffusione dei farmaci equivalenti va naturalmente a tutto vantaggio delle grandi industrie farmaceutiche, le quali hanno notevole interesse ad ostacolare il diffondersi degli equivalenti poiché, in caso contrario, dovrebbero diminuire il prezzo del proprio prodotto di marca per mantenersi competitivi con i farmaci equivalenti.
Per quanto riguarda i medicinali con brevetto scaduto e dei quali esista già in commercio il generico corrispondente infatti, il Servizio Sanitario Nazionale rimborsa la specialità medicinale di riferimento solo per un importo pari al prezzo più basso del medicinale equivalente in commercio.  Anche qui in sostanza, pur essendoci in ballo la salute degli individui, è tutta una questione di soldi.

Pubblicato in Focus

Scritto da

Blogger, esperto di web e web marketing

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