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L’ iter per la conciliazione:
Alla presentazione della domanda, il responsabile dell’organismo designa un mediatore e stabilisce anche l’importo, in base alla posta in gioco, dell’indennità che ciascuna parte è tenuta a pagare per intero. Il Dm 180/2010 indica le tariffe per gli organismi pubblici, da un minimo di 65 euro per le liti di valore fino a 1.000 euro, a un massimo di 9.200 euro per quelle d’importi superiori a 5 milioni di euro.
Entro 15 giorni il responsabile dell’organismo mette in calendario il primo incontro, che può anche essere l’ultimo: se il convenuto non si presenta la procedura si chiude subito con il verbale di mancato accordo (e scatta lo sconto di un ulteriore terzo sull’indennità) che lascia l’attore libero di procedere per le vie ordinarie. In questo caso il convenuto che non compare non paga nulla. La condizione di procedibilità, tuttavia, non impone che la lite sia risolta positivamente, ma semplicemente che si sia tentata la strada dell’alternativa al giudizio.
Richieste risarcimento per errori medici in Italia
Per capire la portata del fenomeno nel campo della mediazione tra medici e pazienti basta analizzare alcuni dati: infatti risultano essere in netta crescita nel nostro paese le richieste di risarcimento danni avanzate dai cittadini.
Negli ultimi 6 anni si è registrato un aumento del 30%: da una media di 50 sinistri l’anno si è passati a circa 65 per singolo ospedale. Con il Centro e il Sud del Paese che fanno registrare numeri allarmanti: se nel 2004 nei confronti delle strutture pubbliche del Centro si registrava una media di 58 richieste danni, nel 2009 si è infatti passati a ben 85. (Medmail Claims Italia, II Rapporto 2011). Dall’indagine emerge che il numero complessivo delle richieste danni è salito di anno in anno, per un totale in sei anni di circa 20 mila.
Si tratta evidentemente di un business di milioni di euro che graverà sui soggetti più deboli, e sarà un costo ulteriore per i cittadini e che stride con lo spirito della nuova legge, nata per snellire la mole di lavoro dei tribunali civili e abbattere, anche a pochi mesi, i tempi e i costi delle cause. Il mediatore potrà essere un avvocato, un medico o un ex giudice di pace appositamente formato.
Di fatto, potranno diventare conciliatori tutti i laureati iscritti a un collegio o ad un ordine professionale. Naturalmente dopo aver seguito un corso di formazione ‘ad hoc’ di 50 ore; la legge quindi non prevede una formazione specifica in materia sanitaria.
Cosa cambia con la conciliazione:
Accanto ai fattori critici già ricordati, c’è chi sostiene che l’effettiva applicazione del decreto sulla conciliazione, se condotta in modo costruttivo, porterà sicuramente vantaggi alle strutture sanitarie, ovvero una riduzione dei tempi di definizione del contenzioso, una riduzione dei costi e anche un eventuale recupero dell’immagine e della fiducia dei pazienti.
Non sono in pochi a storcere il naso. Specie se si considera che nel nostro Paese già in passato e per altri settori la conciliazione obbligatoria si è rivelata un flop a causa dell’ostracismo degli ordini professionali direttamente coinvolti che anche in questo caso non sembrano sprizzare troppo entusiasmo.
Infatti, nell’elenco del Ministero della Giustizia figurano al momento 179 organismi privati di mediazione tra cui l’ADR Center che, rivela Il Fatto Quotidiano, tra i mediatori formati conta anche la moglie del ministro Angelino Alfano, l’avvocato Tiziana Miceli. Un affare da 360 milioni di euro (il conto si ottiene moltiplicando i 600mila processi interessati dalla conciliazione obbligatoria alla media di spesa di 600 euro l’uno), ma anche i formatori dei nuovi mediatori (tra cui ci saranno anche CEPU e la Nicola Cusano) avranno la loro parte. Intanto gli avvocati protestano in difesa dei loro interessi. E i cittadini? A difenderli non è rimasto nessuno.