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Canone Rai per i Pc: la confusione regna sovrana

Da qualche ora impazza in rete la disputa sul canone Rai, non in riferimento alla consueta tassa tanto poco amata dagli italiani, bensì  il balzello relativo al canone “speciale” Rai, ovvero quello imposto “a chiunque detenga, fuori dall’ambito familiare, uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezioni di trasmissioni radiotelevisive”.
In sostanza un canone speciale richiesto alle aziende (non quindi alle famiglie, ma specificamente rivolto a chiunque detenga fuori dall’ambito familiare) per il possesso di altri strumenti,  come ad esempio i computer.
Ricordiamo infatti che in Italia esistono due canoni:

  1. quello ordinario, dovuto dalle famiglie

  2. quello speciale, dovuto dalle imprese, lavoratori autonomi, enti pubblici, enti pubblici non economici, enti privati.

Ma se il canone ordinario e’ dovuto per il possesso di “apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle radioaudizioni”, il canone speciale si paga anche per il possesso di computers e/o monitors e altri apparecchi multimediali (videofonino, videoregistratore, iPod, sistemi di videosorveglianza, ecc.) posseduti dalle imprese o enti pubblici o privati.

Legge sul Canone Rai:

Da un punto di vista normativo L’immutato Regio Decreto del 1938 stabilisce infatti che la suddetta tassa è applicabile a tutti gli apparati atti o adattabili alla ricezione delle trasmissioni radiotelevisive indipendentemente dalla qualità o dalla quantità del relativo utilizzo.
Tornando all’attualità, la richiesta della Rai di far pagare il canone speciale a tutti quelli che hanno un computer ha suscitato diverse proteste oltre che interpretazioni della materia stessa: da poche ore è uscito un comunicato Codacons nel quale si ricorda come “il fatto sia assurdo e anacronistico. Si tratta di una interpretazione arbitraria e fiscale che la Rai da’ del Regio Decreto Legge del 1938. E’ ovvio, infatti, che quella definizione di apparecchio atto od adattabile alla ricezione di programmi va applicata agli strumenti esistenti all’epoca, al momento dell’entrata in vigore della legge, quando la tv nemmeno esisteva e non certo alle tecnologie di oggi.”
In sostanza, come detto sopra, si ricorre alla normativa che regolamenta la materia, vale a dire proprio il Regio Decreto del 1938 nel passaggio in cui viene specificato che la tassa è “applicabile a tutti gli apparati atti o adattabili alla ricezione delle trasmissioni radiotelevisive”. Come sottolineail Codacons, basarsi su quella norma ad 80 anni di distanza e con al tecnologia che nel frattempo ha fatto passi da gigante sarebbe anacronistico.

 

Il canone per le aziende:

A protestare sono, naturalmente, soprattutto imprenditori, commercianti ed artigiani vale a dire le categorie colpite dal provvedimento ed ai quali sono iniziate ad arrivare richieste di pagamento del canone Rai per la propria azienda: nel novero delle tecnologie atte alla ricezione del segnale televisivo infatti, la Rai  elenca adesso i monitor tv usati per i computer, i palmari, Ipad, i sistemi di videosorveglianza e i videofonini.
Tutti strumenti ampiamente diffusi nelle aziende. Al riguardo riportiamo le dichiarazioni di Mario Venturi, presidente di Rete Imprese Italia che parla di “palese iniquità del provvedimento” chiedendo “ l’ intervento del governo perché siano esclusi dal pagamento gli apparecchi che fungono da strumenti di lavoro per le aziende, quali computer, telefoni cellulari e strumenti similari. Questa iniziativa della Rai è aggressiva e intollerabile”.
Ma a quanto ammonta il canone speciale Rai per le categorie su citate?  Dal sito stesso della Rai alla sezione pagamenti, si evince come ad esempio un albergo 5 stelle e 5 stelle lusso con un numero di camere pari a o superiore a cento paghi un canone annuale di 6.696,32 euro; esercizi pubblici di prima e seconda categoria e sportelli bancari, 1.004,44 euro; affittacamere, esercizi pubblici di terza e quarta categoria, altre navi, aerei in servizio pubblico, ospedali, cliniche e case di cura, uffici, 401,76 euro.

 

Canone Rai: una norma del 1938

Va detto che, essendo la norma cui si fa riferimento piuttosto datata nel tempo (1938), non è la prima volta che la Rai cerca di avanzare pretese di questo tipo: cos’è che è cambiato quest’anno e che ha spinto la tv di stato a formalizzare per iscritto tale pretesa?
La risposta starebbe nell’art.17 del Decreto Salva Italia approvato dal governo Monti che stabilisce come “le imprese e le società debbano indicare il numero di abbonamento speciale alla radio o alla televisione la categoria di appartenenza ai fini dell’applicazione della tariffa di abbonamento radiotelevisivo speciale”.
La rete intanto sta protestando alacremente, oltre ai citati esempi menzioniamo anche il caso dell’Aduc, l’associazione per i diritti dei consumatori, che si è espressa in maniera molto critica verso questa eventualità e che da anni porta avanti la proposta di abolizione del canone Rai (si parla in questo caso di quello ordinario).
La diretta interessata, vale a dire la Rai, ha emesso un comunicato nel quale si specifica che “Con riferimento alla questione relativa al pagamento del canone di abbonamento alla tv, si precisa che le lettere inviate da Rai non si riferiscono al canone ordinario (relativo alla detenzione dell’apparecchio da parte delle famiglie) ma si riferiscono specificamente al cosiddetto canone speciale cioè quello relativo a chiunque detenga – fuori dall’ambito familiare (es. Imprese, società, uffici) – uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezioni di trasmissioni radiotelevisive. Ciò in attesa di una più puntuale definizione del quadro normativo-regolatorio.”
È quest’ultimo passaggio ad essere il più esplicativo della situazione attuale che stanno vivendo i diretti interessati: l’attesa di una più puntuale definizione invocata dal comunicato sembra esser condivisa da tutti i consumatori ed utenti. Al momento infatti sembra non esserci la benché minima chiarezza sulle modalità di attuazione di questo provvedimento.

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