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Una proposta di legge ferma da oltre 1 anno
Seguire l’esempio di molti Paesi stranieri, nei quali la cannabis è legale, per contrastare l’illegalità e rimpinguare le casse dello Stato centrale grazie alla tassazione. Queste le motivazioni principali che avevano mosso la nascita della proposta di legge.
Tra l’altro da molti anni, con la diffusione di molte aziende del settore sul web, ci si ritrova nella situazione paradossale che vede la possibilità di comprare semi di cannabis online in modo totalmente legale. Mentre, secondo la normativa vigente in Italia, la coltivazione in proprio continua ad essere un reato in quanto facoltà esclusiva dello Stato, tramite lo Stabilimento Farmaceutico Militare di Firenze, e soltanto per finalità medico curative.
Contraddizioni che si voleva correggere con quella proposta di legge, per sostenere la quale era nato anche un intergruppo parlamentare che aveva raccolto 290 firme di partiti diversi.
Le dimissioni del relatore della legge pro legalizzazione
Nella pratica così non è stato, in quanto il dibattito è stato annacquato con migliaia di emendamenti (i più dietrologi sostengono volutamente per allungare i tempi della discussione) e nella discussione finale alla Camera dello scorso luglio è passato solo l’uso terapeutico, mentre è stata stralciata la parte più rivoluzionaria, quella relativa alla legalizzazione della sostanza per utilizzo personale.
In sintesi è andato perduto per strada un pezzo del provvedimento, il più grande e quello che richiedeva maggiore coraggio. Non a caso, notizia di questi giorni, il relatore della legge per la legalizzazione della cannabis, Daniele Farina di Sinistra Italiana, si è dimesso dal suo ruolo. Le motivazioni?
Da rintracciarsi nel desiderio di protestare contro le modifiche apportate al testo durante il suo lungo iter parlamentare e nelle commissioni; tanti passaggi che hanno spolpato il provvedimento iniziale spogliandolo del suo aspetto innovativo.
“Un testo molto distante dalla discussione pubblica di questi anni nel nostro Paese e dalle esperienze concrete ormai diffuse in diversi Stati del mondo”. Queste le parole di Daniele Farina, che ha voluto motivare così le sue dimissioni da relatore.
Cosa è cambiato dalla proposta di legge iniziale?
In cosa è cambiato il provvedimento? Per capirlo si deve necessariamente partire da quello che era in fase iniziale. Si parlava di una legge che consentisse il possesso fino a 15 grammi di marijuana nella propria abitazione e fino 5 all’esterno.
Inoltre si era parlato di legalizzare la coltivazione fino a cinque piante di cannabis nella propria abitazione, oltre che dell’opportunità di dar vita ai cosiddetti cannabis social club dove poter fumare marijuana.
Ebbene il voto in aula dello scorso luglio ha stralciato la parte relativa a queste liberalizzazione, lasciando in calendario soltanto l’uso terapeutico della cannabis. Aspetto, tra l’altro, già regolamentato tempo addietro da leggi nazionali del ministero della Salute e da norme delle singole regioni. Quindi niente di nuovo.
In data 28 settembre a Montecitorio è approdato il provvedimento per avviare l’iter a cui seguirà la discussione nelle prossime settimane; ma si tratta di un rapido passaggio (il dibattito definitivo, secondo quanto stabilito dalla Conferenza dei capigruppo, inizierà a novembre) incentrato su un disegno di legge molto diverso da quello pensato inizialmente, svuotato di tanti aspetti. Come ha sottolineato qualcuno, sta forse per calare nuovamente e definitivamente il sipario sull’ipotesi di legalizzare la cannabis in Italia.