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I giovani e i divertimenti: una notte tra discoteche

“Tu con chi stai?” Comincia con questa domanda la nostra inchiesta sulla vita notturna e sui pensieri che gravitano nelle teste dei suoi frequentatori più assidui.
Tu con chi stai era la domanda d’obbligo che i “giovani” (mostruosa entità multi faccia, non realmente classificabile) si ponevano l’un l’altro qualche decina di anni fa, quando già alle scuole superiori si veniva trascinati nel vortice della politica al quale gioco forza non ci si poteva sottrarre, pena l’esclusione da entrambi gli schieramenti di destra o di sinistra ovvero, negli anni ’70, dalla vita reale.
La nostra inchiesta parte oggi dalla domanda (“tu con chi stai”) che ci è stata posta qualche sera fa da un solerte “buttafuori” (l’addetto alla sicurezza di un locale notturno), che gode di massima discrezione nella selezione dei fortunati prescelti che saranno ammessi all’interno. Tutti gli altri, chi per un motivo chi per l’altro, dovranno rinunciare.

Locali notturni di Roma e selezione all’ingresso:

Convinto che il corpulento uomo che mi aveva appena posto la domanda non fosse interessato a conoscere il mio schieramento ideologico, ho dovuto necessariamente chiedere lumi. Al che ho appreso che senza invito, senza “raccomandazione”, l’entrata nel locale mi sarebbe stata preclusa.
Comincia così la nostra storia, dopo un rifiuto capace di gettare nel panico un vero nottambulo, che ci ha impedito di verificare la realtà di un locale ‘pubblico’ perché, testuali parole, “non siamo stati invitati”. Spostandosi di qualche metro si può trovare un gruppetto di giovani anch’essi rifiutati dal sergente di ferro posto a presidio dell’entrata del paese dei balocchi. Cerco di capirne di più.
“E’ sempre così, se non ti presenti con una ragazza non ti fanno entrare. Se non sei un pariolino o non conosci qualche organizzatore non ti fanno entrare”.

A 30 anni nei locali per rimorchiare:

Valuto l’età del mio primo informatore, che non sembra essere un liceale. “Ho trent’anni e vado per locali a rimorchiare. Ma se non vieni con una ragazza non puoi entrare. È un circolo vizioso”. Gli chiedo come mai non valuti la possibilità di frequentare posti diversi, un pub, una birreria, dei circoli culturali, senza voler per questo apparire uno snob moralista.
Il locale notturno piace ed è giusto che sia così, perché è il luogo – o non luogo: tutte le discoteche più “in” si somigliano in maniera incredibile – più simile al magico mondo di plastica che la tv e programmi come “Lucignolo” ci hanno sempre mostrato. “La gente più interessante non frequenta i pub, ma va a ballare fino al mattino!”. D’altronde si dice spesso che i quarantenni sono i nuovi trentenni, per cui non fatico a pensare che questi ultimi siano i nuovi ventenni e, pertanto, non difettino di energie.

Ragazze poco vestite e tanti drink:

Spostandosi in altri locali lo scenario non cambia. Di interessante sembra esserci solo l’abbigliamento delle ragazze, o della maggior parte di esse, che definire minimal è un eufemismo e così gli occhi, impossibile negarlo, ne beneficiano parecchio. Ecco il primo aspetto interessante: fuori fa freddo, è dicembre, ma all’interno si è creato un microcosmo non molto diverso da quello del villaggio turistico nel mese di agosto.
Tutti sembrano felici. E qualcuno, senza dubbio, lo sarà davvero. Ciò che più colpisce è però l’assenza di comunicazione tra le tante comparse ed i pochi protagonisti della serata, con la musica alta che impedisce ogni forma di conversazione. Può capitare di essere oggetto delle richieste più disparate. “Mi offri da bere?”, “Hai un po’ di coca?”. Lo sballo, ad ogni modo, sembra essere l’imperativo da seguire.

I costi dei locali notturni a Roma:

I costi del divertimento sono peraltro proibitivi. Ci sono discoteche dove un drink può costare anche venti euro, mediamente più del prezzo di una buona bottiglia al supermercato sotto casa, e gli avventori, spesso e malvolentieri disoccupati o studenti fuori corso, non si fanno problemi a sostenere i costi di una sbronza a simili cifre. Senza contare i problemi del ritorno a casa, spesso in condizioni fisiche inconciliabili con la guida.
È evidente che frequentando le discoteche ci si sente improvvisamente parte di un mondo “vincente” e ci si dimentica dei problemi anche economici che attanagliano migliaia, forse milioni di persone in tutta Italia. Non c’è posto per le facce tristi, in discoteca, e ogni disagio viene tenuto fuori dalle quattro mura.
Inutile provare a spiegare ai ragazzi che passato l’effetto della sbronza ci si sentirà ancora più soli. Nell’epoca di facebook, l’epoca della comunicazione mordi e fuggi, anche in discoteca si cercano contatti superficiali, basati sull’apparenza. Ed ecco che le donne si mettono in mostra ballando sui cubi e gli uomini si pavoneggiano nella loro conquista.

I fuori dal coro:

Fino a qui niente di male, a meno di non voler passare per retrogadi e ammuffiti filosofi. Il problema è che non c’è spazio alcuno per le voci fuori dal coro, per chi azzardi presentarsi come un ‘diverso’. Osservando la scena come in un’istantanea si resta basiti davanti alla generale omologazione di questi giovani. L’abbigliamento è standard, sia tra gli uomini che tra le donne. Non c’è spazio per l’originalità, neanche nelle idee. Tutti sembrano ostentare sicurezza, nascosti dietro ai brand del loro stilista preferito.
In realtà si tratta di una massa di insicuri che cercano l’appoggio del gruppo. Chi ha più amici stabilisce quali sono i locali giusti da frequentare e tutti gli altri, i comprimari, seguiranno a ruota, senza battere ciglio. In un certo senso si capisce già chi entrerà di diritto nella futura classe dirigente: sono i giovani che dettano i ritmi e le mode delle vite dei loro coetanei. Walter Lippman, giornalista statunitense, avrebbe detto che “Quando tutti pensano nella stessa maniera, allora nessuno pensa veramente”.

Prenotare un privè per essere considerati:

È questa l’immagine che si ricava osservando i giovani in una qualsiasi discoteca. Un gran numero di automi alla ricerca di un leader, di una guida che li faccia sentire parte di un qualcosa che loro non sono in grado di identificare. Molti si professano fedeli a pochi ideali: patria, famiglia, solidarietà sociale. Ma sono spesso i primi a scatenare furibonde risse non sempre a lieto fine sulla pista da ballo, magari per uno sguardo di troppo.
Rabbrividisco all’idea che un simile serraglio di uomini avrà il paese in mano in un futuro neanche troppo lontano. Per essere considerati dei tipi giusti bisogna muoversi in gruppo, si deve evitare di fare la fila fuori dal locale e per farlo bisogna necessariamente prenotare un tavolo al privè, altrimenti si verrà etichettati come “sfigati”. Il privè altro non è se non una sorta di zona vip che sovrasta la restante parte del locale e dove solitamente si gode di alcuni privilegi quali poter fumare una sigaretta o non essere schiacciati dalla folla.

Da un locale ad un altro:

Molti ragazzi sono in gruppo, ma tendono a non comunicare tra loro, appoggiati ad una ringhiera che garantisce loro la visione sulla pista sottostante, in quello che mi appare subito un quadretto molto voyeuristico. Rinchiusi in una gabbia si godono la loro superiorità scongiurando l’eterna paura di poter sembrare poveri. Alcuni si annoiano palesemente, ma le dinamiche del gruppo gli impediscono di ammetterlo o di tirarsi fuori.
Essere “giusto” impone di passare da un locale all’altro con grande nonchalance, fino all’alba, collezionando braccialetti per i privè e timbri per l’uscita sulla mano, che la mattina seguente serviranno a ricordare i luoghi visitati, senza dover sforzare troppo la memoria offuscata dagli eccessi.
D’altronde, come cantava Jovanotti, un poeta contemporaneo, “La notte è più bello, si vive meglio, per chi fino alle 5 non conosce sbadiglio”. Io di sbadigli ne ho già fatti parecchi, e forse è proprio questo il motivo che mi spinge a letto, senza mettermi in coda davanti ad un chiosco per ricevere un cornetto e un cappuccino che, ne sono certo, non allevieranno i dolori di nessuno.

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Scritto da

Scrittore tagliente ed ironico; avvocato e romanziere.

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