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Lampedusa e migranti bambini: storie di minori dimenticati

Le immagini di navi cariche di persone, di migranti stanchi avvolti in coperte, di giovani smarriti sdraiati per terra affollano le nostre televisioni, si sovrappongono sui quotidiani italiani. Sembrano lontane da quello che dice di essere un Paese civile come l’Italia, eppure sono fotografie scattate non molto lontano dalle nostre case.
A Lampedusa, dove nell’ultimo mese sono arrivati seimila migranti, ora si sta tornando lentamente alla normalità. L’isola siciliana si sta svuotando con navi che hanno portato gli immigrati in altre regioni italiane.
Anche i minori sono stati trasferiti; si tratta di quei ragazzi che l’ associazione Terres des Hommes ha portato agli onori della cronaca con l’ appello al governo e ai Garanti dell’Infanzia regionali per un’adeguata accoglienza e protezione dei bambini migranti.
Federica Giannotta, responsabile Diritti dei bambini di Terre des Hommes, da cinquant’anni impegnata nella tutela dell’infanzia, ha voluto vedere di persona la situazione, ed è andata a Lampedusa dove ha trovato un quadro davvero preoccupante. L’abbiamo raggiunta telefonicamente e le abbiamo rivolto alcune domande.

Situazione dei minori a Lampedusa:

Cosa ha visto a Lampedusa?
“Quello che ho potuto constatare è stato un totale abbandono dei minori che dormivano su materassi sporchi, in stanze buie e in condizioni igienico sanitarie davvero preoccupanti. Molti ragazzi, non identificati, erano sbarcati da venti giorni. Alcuni avevano fame, freddo, altri erano molto spaventati: non riuscivano a capire perché erano stati rinchiusi in quelle strutture. Sull’ isola c’erano più di 250 minori e 150 mancavano all’appello. Molti ragazzi fuggivano dalla base Loran e dalla Casa della Fratellanza dove erano ospitati, perché avevano paura di essere derubati. La maggior parte era in giro sull’ isola”.
E la situazione degli adulti?
“Sono andata a Lampedusa venerdì primo Aprile quando i migranti dovevano essere trasferiti in altre strutture italiane. Le persone erano in fila sulla banchina ad attendere le navi che avrebbero dovuto trasportarli in altre regioni. L’attesa era lunga ed estenuante perché dicevano che le navi non potevano partire in quanto il mare era molto mosso, ma non era vero”.
Come è stato possibile che in un Paese civile come quello italiano sia potuto accadere tutto questo?
“L’idea che ci siamo fatti, e non solo noi, è stata quella di una volontà politica di mandare un messaggio di riflesso a chi doveva ancora partire. Ma non ha funzionato perché la disperazione era troppo grande e così si è deciso prima per i trasferimenti, e poi per i permessi temporanei”.

Storie di bambini in fuga:

Incontrando i ragazzi ci sono state storie che l’hanno colpita in modo particolare?
“Un tredicenne era fermo sulla banchina tentando di farsi imbarcare. L’ho avvicinato e gli ho chiesto come mai era scappato, e lui mi ha risposto che aveva sbagliato, che i suoi genitori erano in Tunisia e che non aveva capito in quale situazione si era messo. Voleva tornare a casa. Altri ragazzi mi hanno raccontato di aver pagato dai 500 ai 1500 euro per salire su barche di 9 metri in cui erano almeno 55 persone. Salendo sulla barca avevano paura perché se fosse successo qualcosa i primi ad essere buttati giù dal natante erano proprio loro, i più deboli”.
Ora qual è la situazione?
“I ragazzi sono stati trasferiti nelle regioni italiane attraverso alcuni aerei, ma non sappiamo ancora se sono stati identificati, o se sono in via di identificazione. Al momento, non sappiamo dove sono, ma credo si stiano seguendo tutte le procedure”.

E mentre i riflettori si sono spostati sui palazzi della diplomazia e della burocrazia, si è consumata un’altra, l’ennesima tragedia del mare. Mercoledì scorso, un natante è affondato al largo di Lampedusa: solo 53 le persone sopravvissute, si temono 250 vittime.

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Giornalista professionista in radio e sul web. "E' un mestiere, ma non come tanti; è un atteggiamento verso la vita".

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