Come creare una banca dati del Dna in Italia?
Il 2015 dovrebbe finalmente vedere la nascita della banca dati del Dna in Italia: a darne la conferma lo stesso ministro della Giustizia Orlando nel corso di un convegno denominato ‘Banca dati del Dna: le soluzioni della scienza contro il crimine’ tenutosi a Roma in data 3 febbraio.
Secondo lo stesso ministro il regolamento sarebbe in dirittura di arrivo e il lavoro duro da fare ora è quello relativo alla genotipizzazione, ovvero alla raccolta del Dna delle quasi 70mila persone già condannate. Si sta quindi inoltre il collaudo del Laboratorio centrale dove raccogliere e conservare il Dna partendo dal fatto che i vati istituti penitenziari italiani sono già in grado di effettuare operazioni di prelievo del Dna che avviene nelle cosiddette stanze bianche.
Un percorso che si spera possa essere liscio e senza ulteriori ostacoli se si considera il già sostanziale ritardo con il quale l’Italia arriva a questo provvedimento: risale infatti al 2005 il noto trattato di Prum sottoscritto da Francia, Germania, Belgio, Spagna, Lussemburgo, Austria e Paesi Bassi.
Nel 2009 anche l’Italia aderì a quel trattato tramite una apposita legge (la legge n.85 del 2009) di istituzione della banca dati del Dna. Il trattato di Prum era incentrato su una maggiore cooperaazione a livello internazionale in materia di lotta al terrorismo, alla criminalità transfrontaliera ed all’immigrazione clandestina. La legge quindi esiste dal 2009 ma ancora l’Italia non è riuscita ad organizzarsi per dare vita alla banca dati.
Funzionamento della banca dati e questione privacy:
Lo standard che caratterizzerà i livelli della banca dati del Dna in Italia dovrebbe essere piuttosto elevato; almeno a sentire le dichiarazioni delle parti in causa sempre sulla base di quanto emerso nel convegno di Roma.
La normativa di riferimento prevede un doppio passaggio, dato che in prima battuta l’analisi del Dna spetta al ministero della Giustizia mentre la Polizia Penitenziaria ricopre un ruolo tecnico; il tutto dovrebbe andare a rappresentare una maggior garanzia.
Il materiale biologico che potrà essere raccolto per la banca dati dal Dna sarà esclusivamente di soggetti autori o presunti autori di reati che:
- Siano stati condannati in via definitiva per un reato non colposo;
- detenuti o sottoposti a misura di sicurezza detentiva o a pena alternativa alla detenzione;
- arrestati in flagranza di reato, o sottoposti a fermo; – sottoposti a custodia cautelare in carcere o agli arresti domiciliari.
Per quanto riguarda le tipologie di reati per le quali sarà consentito il prelievo del Dna da inserire nella banca dati, si parla di tutti quei reati che prevedono l’arresto in flagranza; non riguarderà invece i reati societari, quelli tributari e finanziari, i delitti previsti dal codice penale contro industria, economia e commercio.
Un argine che deve necessariamente essere posto per evitare, come spesso si è paventato quando si è parlato della banca dati del Dna, di assistere alla nascita di un provvedimento eccessivamente invasivo, che vada a ledere il diritto di privacy dei cittadini diventando un vero e proprio grande fratello in materia di Dna.